Vibo Valentia piange don Antonio Purita che ha retto il duomo di San Leoluca e Santa Maria Maggiore dall’ottobre 1990. Sgomento e un grande vuoto sono i sentimenti che in questo momento albergano in tutti quelli che lo hanno conosciuto e apprezzato.
Ha interpretato il sacerdozio come sacramento
E il ricordo ha una sola lunghezza d’onda: don Antonio è stato un sacerdote puro e buono. Uno di quelli, per usare le parola di Papa Benedetto XVI, che ha interpretato il sacerdozio non semplicemente come un “«ufficio», ma sacramento: Dio si serve di un povero uomo al fine di essere, attraverso lui, presente per gli uomini e di agire in loro favore. Questa audacia di Dio, che ad esseri umani affida se stesso; che, pur conoscendo le nostre debolezze, ritiene degli uomini capaci di agire e di essere presenti in vece sua”.
Il ricordo di Michele Petullà
Il saggista e scrittore Michele Petullà lo descrive come “una quercia silenziosa nella terra di cenere, un faro per i passi smarriti nel fango, un sorriso d’acqua sulle labbra arse del mondo, la neve che non si sporca, la radice che non teme il gelo, la carezza che resta sulla pelle dell’umanità”.
Don Antonio, ordinato sacerdote nel 1972, per diverso tempo assistente spirituale del personale della Polizia di Stato, è stato religioso capace di fare un tutt’uno spiritualità, bontà e accoglienza nel nome di Dio. Ecco perché non sarà mai dimenticato.