di Mimmo Famularo – Il 23 maggio del 1992 era un sabato. Uno come tanti altri. Da quindici giorni un giovane studente di San Pietro a Maida si era laureato in Giurisprudenza. Come tanti suoi coetanei quel giorno segnò il suo destino. Quel sabato le edizioni straordinarie dei telegiornali lasciarono tutti impietriti. Una fetta di autostrada veniva sventrata da mille chili di tritolo piazzati nei pressi dello svincolo di Capaci, alle porte di Palermo. Moriva il simbolo della lotta alla mafia, Giovanni Falcone, inghiottito insieme a sua moglie e agli agenti della scorta. Quello stesso giorno Camillo Falvo decise di fare il magistrato. Quel giovane studente di San Pietro a Maida appena laureato era lui e la strage di Capaci, come quella di via d’Amelio, ha alimentato la coscienza antimafia di tanti siciliani ma anche di una nuova generazione di magistrati. Oggi Camillo Falvo è il procuratore di Vibo. Arriva dalla Distrettuale Antimafia di Catanzaro dove fino a qualche anno fa è stato una delle punte di diamante del pool antimafia costruito pezzo per pezzo da Nicola Gratteri. Le inchieste più importanti contro la ‘ndrangheta vibonese portano la firma di Falvo e i vari filoni investigativi da lui sviluppati negli anni sono confluiti nella madre di tutte le operazioni: “Rinascita Scott”. Da un maxi processo a un altro, dalla lotta a Cosa Nostra a quella alla ‘ndrangheta nel segno di Falcone e Borsellino. ‘’Da allora – sostiene Camillo Falvo – è cambiato tanto, è cambiato tanto in Sicilia dove lo Stato ha affermato la propria forza. Non tutti i problemi sono risolti ma tanto è stato fatto e tanto viene fatto oggi anche in Calabria. Noi abbiamo capito forse con colpevole ritardo la forza della ‘ndrangheta, che oggi è ritenuta l’organizzazione criminale più forte al mondo. Però, tanto stiamo facendo. Abbiamo fatto ‘Rinascita Scott’ e una serie di altre operazioni. Non c’è settimana in cui noi non affermiamo la forza dello Stato e la sua presenza. La speranza è quella di far emergere la coscienza civile e riaffermare la legalità per poter sfruttare le grandi ricchezze che abbiamo sul territorio’’.
– Una coscienza antimafia inizia a germogliare anche in Calabria, terra di omertà, un muro invalicabile fino a qualche anno fa.
“I clan fanno leva sulla paura e sull’omertà. E’ solo vincendo la paura che si riuscirà a sconfiggere la ndrangheta e si riusciranno a sconfiggere le altre organizzazioni criminali. Tutti dovranno comprendere che ogni omessa denuncia è la perdita di un pezzo di libertà e noi negli ultimi 30 o 40 anni un pezzo di libertà alla volta l’abbiamo ceduta. Adesso è importante creare una rete di contrasto perché loro hanno paura delle denunce. Questo lo devono capire i bambini, i ragazzi, i giovani ma anche gli imprenditori, quelli che magari, grazie alla connivenza o alla vicinanza, riescono ad avere una fornitura più velocemente a un prezzo più basso o a riscuotere un credito non sapendo che è in quel momento si cede la propria libertà di fare impresa. Noi questa consapevolezza la stiamo acquisendo. Abbiamo oggi uno Stato molto più forte e le forze dell’ordine stanno facendo un lavoro straordinario. Grazie al loro impegno e a quello dei cittadini che denunciano iniziamo a raccogliere i frutti”.
– Oggi le mafie sparano di meno, non fanno attentati ma, anche grazie ai rapporti con i poteri deviati dello Stato usano di più le parole come arma tagliente di delegittimazione.
‘’Io credo che la criminalità organizzata proprio a seguito della stagione stragista abbia capito che l’aggressione militare serve a poco perché la risposta è stata forte. Oggi non si usano più le azioni militari. La criminalità organizzata si è inserita nel tessuto economico e grazie anche ad alcune connivenze di tipo massonico ma anche politico usa uno strumento diverso che è quello della delegittimazione tramite la quale si cerca di contrastare la riaffermazione della forza dello Stato’’.
– La ndrangheta è più liquida rispetto a qualche anno fa, quindi più invisibile. Com’é cambiata l’azione di contrasto in questi anni?
‘’L’azione di contrasto è diventata molto più difficile. Prima era evidente l’azione della criminalità organizzata ed era anche più facile contrastarla anche se forse l’azione non era poi così forte come lo è adesso. Si devono usare strumenti diversi. Ovviamente la criminalità organizzata si adatta molto più velocemente all’azione di contrasto. Anche le forze dell’ordine, però, stanno facendo dei grossi passi avanti. Le operazioni, che quasi quotidianamente vengono fatte, dimostrano questa capacità di contrastare una criminalità che tende a stare sottotraccia ed è quindi più difficile da individuare e da colpire’’.
– Il procuratore Gratteri ha detto che non basta arrestare 25 o 50 persone a settimana se la società civile non scende in campo per occupare gli spazi liberati. Sta avvenendo questo?
‘’Sta avvenendo, un po’ alla volta ma sta avvenendo. È chiaro che non è con le operazioni che si può contrastare la criminalità organizzata, perché se noi ne togliamo 100 una settimana, ce ne sono 200 disponibili a prendere il loro posto. Io sono convinto che nel giro di qualche decennio riusciremo a sconfiggere la ‘ndrangheta. Tutto ciò dipenderà da quanto la società riuscirà a capire che la ‘ndrangheta è un cancro e va isolato. Io mi occupo del territorio di Vibo che era ed è ancora il territorio più difficile. Io vedo che nel Vibonese tanta gente viene a denunciare e che le cose stanno cambiando. Hanno acquisito la consapevolezza di quanto lo Stato sia più forte e possa far tornare quel clima di serenità che per tanto tempo non c’è stato”.
– Sta succedendo questo anche a Roma? Sentite la vicinanza della politica, delle istituzioni dello Stato?
‘’Forse ci aspettavamo e ancora ci aspettiamo qualcosa di più. I segnali non sono sufficienti perché noi abbiamo degli organici assolutamente inadeguati. Io alla Procura di Vibo ho in tutto sette magistrati, due andranno in maternità e viviamo un periodo in cui siamo ‘a pieno organico’ ma ce ne vorrebbero almeno il doppio. Ecco, questo è quello che manca: la capacità di comprendere che per contrastare la criminalità organizzata bisogna investire anche economicamente. Lo hanno fatto con le forze dell’ordine e questo si è visto. Dovrebbero farlo anche con la magistratura e questo non è stato ancora fatto per come noi ci aspettavamo”.