“La comunità nomade di Catanzaro? Un bacino elettorale per i candidati alle consultazioni amministrative e politiche”. E’ quanto emerge dagli atti dell’inchiesta con la quale la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ha sgominato il fortino dei rom nel quartiere Sud della città arrestando 62 persone. Nell’interrogatorio del 13 settembre del 2018 la collaboratrice di giustizia Annamaria Cerminara, chiamata dagli inquirenti a delineare la struttura di vertice della “cosca degli zingari”, svela come la politica “pescasse” nel bacino elettorale controllato dalla criminalità rom i voti per aumentare i propri consensi in città. Centrale – secondo quanto riferito dalla pentita – la “versatilità criminale” di Giovanni Passalacqua (ex convivente di Cerminara) che “gestiva tutti i gruppi nomadi di Catanzaro Sala, Lido e Germaneto”. Sarebbe stato proprio lui a ricevere ingenti somme di denaro da “soggetti che gli chiedevano i voti e si accordava con i capi nomadi che avevano il controllo nelle zone”. La Cerminara fa nomi, cognomi e soprannomi. A ricevere parte delle somme di denaro al fine di reperire i voti in favore del candidato prescelto sarebbero stati in particolare: Cosimino Abbruzzese, alias U Tubu; Domenico Viceloque, alias “Mico rota liscia”; Ernesto Bevacqua, alias “U Giappone”; e Luigi Pereloque Vecceloque, alias “U Marocchino”.
La lite tra nomadi e la richiesta di voti per Tallini
La pentita ricorda anche un particolare relativo a una delle ultime consultazioni elettorali che risalgono a prima del settembre 2018: “Giovanni Passalacqua riscontrò che non corrispondevano i voti nelle circoscrizioni controllate da Ernesto Bevacqua, alias ‘U Giappone’ e tale Maurizio di Germaneto, figlio di ‘Dindin’, identificato dalla pg in Maurizio Passalacqua. Ne scaturì una lite, nel corso della quale quest’ultimo diede un ceffone a Giovanni Passalacqua che a sua volta lo minaccio di ucciderlo con la pistola”. In relazione al voto di scambio, Annamaria Cerminara ha ricordato genericamente un paio di episodi citando i nomi di alcuni politici. Qualcuno si sarebbe rivolto al suo ex convivente per chiedere voti in favore di Domenico Tallini ma la collaboratrice di giustizia non ha saputo dire con precisione a quale consultazione elettorale faceva riferimento e non ha ricordato neanche se in quell’occasione era stato offerto del denaro in cambio di voti. Tallini, è opportuno ribadirlo, non è indagato ed è estraneo all’inchiesta in questione.
“40 o 50 mila euro per un pacchetto di voti”
La Cerminara ha dichiarato che alle elezioni amministrative di Catanzaro tenutesi nel 2006 il suo ex convivente ricevette del denaro per un ammontare di 40 o 50 mila euro e che “dapprima Giovanni Passalacqua corrispondeva a ciascun elettorale nomade la cifra di 50 euro per indicare nella scheda elettorale la preferenza del candidato, in seguito corrispondeva all’elettore rom la cifra di 100 euro quando quest’ultimo doveva indicare nella scheda elettorale la preferenza in favore di più candidati”.
“Con Giovanni Passalacqua Abramo si dava del tu”
La collaboratrice di giustizia ha quindi raccontato agli inquirenti che il suo ex compagno avrebbe “ricevuto dal candidato Sergio Abramo (non indagato ed estraneo all’inchiesta) la richiesta di voti in cambio di favori, ma non era al corrente se Abramo avesse mai corrisposto dazioni di denaro”. Il nome dell’ex primo cittadino di Catanzaro è citato un paio di volte nel verbale di interrogatorio del 13 settembre 2018. La Cerminara ricorda “che in un’occasione, quando Sergio Abramo divenne sindaco di Catanzaro, si recò con Passalacqua (…) per risolvere delle necessità inerenti il figlio dello stesso”, che avrebbe ottenuto l’aiuto dell’amministrazione comunale per un problema di salute: “Con Giovanni Passalacqua, Abramo si dava del tu” sostiene la collaboratrice di giustizia nella sintesi scritta dal pm che si chiude con degli omissis che fanno presagire possibili sviluppi in un’inchiesta ancora tutta da scrivere.
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