C’è una via a Stefanaconi dove 32 famiglie non vivono: sopravvivono. In mezzo ai detriti, ai topi, alle crepe nei muri e alle fibre d’amianto che volano leggere come l’indifferenza dello Stato. La via si chiama Antonino Fortuna, ma qui di fortunato non c’è niente. Tranne forse l’eternit, che ancora resiste impavido sui tetti dopo decenni, sfidando perfino la morte che porta con sé.
La tragedia silenziosa
In questa fetta di Calabria dimenticata anche da Dio (ma non dal catasto), si consuma ogni giorno una tragedia silenziosa: bambini che giocano tra i rifiuti, malati oncologici che aspettano di essere bonificati prima del funerale, madri che chiudono le finestre per paura che l’aria stessa uccida. E nessuno muove un dito. Nessuno che ascolti, nessuno che veda, nessuno che agisca. Tranne i vigili del fuoco, che hanno buttato giù un balcone come se stessero togliendo un dente cariato da un cadavere.
Commissari, ma di che cosa?
Il Comune di Stefanaconi è attualmente commissariato. E allora uno si aspetta legalità, efficienza, pulizia. Invece… Ci sono topi, scarafaggi, amianto, balconi pericolanti, 14 casi di tumore solo in quel complesso, e il commissario straordinario di Aterp, Maria Carmela Iannini – dopo alcune verifiche e un sopralluogo tecnico – ha precisato che gli alloggi, precedentemente di proprietà del demanio, sono stati trasferiti al Comune e da questo affidati in gestione ad Aterp nel 2010, tramite convenzione.
In base a tale accordo, ha sottolineato Iannini, la manutenzione straordinaria resta in capo all’amministrazione comunale. Quindi cosa fanno? “Stiamo verificando”.
Da quanti anni? E cosa aspettate ancora, il quindicesimo caso di cancro? Magari un bambino con la mascherina da chemioterapia, così potete fare il sopralluogo con la scorta.
Aterp e le responsabilità condivise
Dal canto suo Aterp Calabria, sempre pronta a tirare il sasso e nascondere la mano, fa sapere che la colpa non è sua. Certo, gestisce gli immobili da quattordici anni, ma la manutenzione straordinaria – cioè quella vera, quella che salva la vita – spetta al Comune.
Come se in 14 anni nessuno si fosse accorto che sopra le teste della gente c’era una bomba di amianto. Come se bastasse scrivere “abbiamo disponibilità a collaborare” per salvarsi l’anima. Qui si muore, signori. E la disponibilità a collaborare fa ridere quanto i comunicati di un governo che dice “ce ne stiamo occupando” mentre l’Italia brucia.
Pagano per morire
La frase più scandalosa, più feroce, più vera l’ha detta una delle residenti: “Paghiamo per vivere, non per morire.” Ma in Italia, se sei povero, paghi due volte. Paghi l’affitto all’ente pubblico, e paghi con la salute che ti toglie. Paghi l’acqua, e bevi veleni.
Paghi le tasse, e ricevi silenzi. Paghi l’ossigeno, e respiri amianto. Il reato non è solo ambientale, è politico. È morale. È lo specchio di uno Stato che premia i palazzinari e punisce gli ultimi. Che ai convegni parla di “rigenerazione urbana” e poi abbandona i quartieri come fosse roba sporca.
Ultima chiamata
A Stefanaconi nessuno chiede la luna. Chiedono di non morire soffocati da una polvere invisibile. Chiedono che i loro figli possano aprire le finestre senza vedere una tettoia cancerogena. Chiedono rispetto. E la risposta, dopo anni di segnalazioni e protocolli polverosi, è ancora: “Vedremo.”
E allora vedete questo: 14 tumori in 32 case. È una strage annunciata. E chi resta fermo, chi aspetta ancora un parere, un timbro, una verifica, è complice.
O si agisce o si risponde
I commissari del Comune agiscano o si dimettino. L’Aterp intervenga, o venga commissariata a sua volta. I politici regionali battano un colpo, o spariscano. Perché la prossima volta, quando qualcuno morirà davvero per colpa di quel tetto, non basterà più dire: “Non era nostra competenza.”
Sarà vostra responsabilità. E ci auguriamo che allora qualcuno la faccia pagare.
Perché la dignità non è una concessione. È un diritto. E qui, l’avete calpestata tutti.



