di Gabriella Passariello e Mimmo Famularo – Freddato da un killer di soli quindici anni per aver amato la donna sbagliata eseguendo il piano degli ideatori del fatto di sangue. Il gup del Tribunale di Catanzaro Alfredo Ferraro ha rinviato a giudizio Michele Fiorillo, detto Zarrillo, e Rosario Battaglia, alias Sarino, elementi di vertice del clan dei Piscopisani, accusati dall’omicidio aggravato dalle modalità mafiose di Antonio De Pietro di Nicotera, avvenuto nei pressi del cimitero di Piscopio l’11 aprile del 2005, crivellato alla testa e al collo da svariati colpi di arma da fuoco. E’ stata accolta la richiesta del pm della distrettuale Andrea Mancuso e il processo nei confronti dei due imputati inizierà il prossimo 12 maggio, giorno in cui gli avvocati difensori, Salvatore Staiano e Sergio Rotundo, proveranno a smontare le accuse della Dda di Catanzaro. A uccidere De Pietro sarebbe stato Rosario Fiorillo, alias “Pulcino”, cugino di Rosario Battaglia e di Michele Fiorillo, la cui posizione è stata stralciata e affidata al Tribunale dei minorenni, in quanto quindicenne all’epoca dei fatti.
Ucciso per aver amato la donna sbagliata
Rosario Fiorillo, infatti, aveva solo quindici anni nel 2005, era poco più che un “bambino”. Nell’aprile di quell’anno avrebbe sparato e ucciso Antonio De Pietro per la sola colpa di essere l’amante della madre. Secondo l’accusa avrebbe attirato l’uomo, dipendente della direzione provinciale del Lavoro, in una trappola facendosi accompagnare al cimitero di Piscopio per fare una visita alla “nonnina defunta” per poi ammazzarlo a sangue freddo con l’esplosione di almeno cinque colpi di pistola da distanza ravvicinata. “Pulcino” oggi si trova in carcere per altri gravi fatti di sangue e nei suoi confronti si procede separatamente perché all’epoca dei fatti era minore. Secondo le indagini, condotte sul campo dagli investigatori della Squadra Mobile di Vibo diretti all’epoca da Giorgio Grasso, i tre avrebbero pianificato e attuato concretamente l’agguato assistendo alla fasi esecutive del delitto e facendo in modo che l’azione potesse essere portata a compimento senza l’interferenza di terze persone. Tutto aggravato dalla premeditazione perché – secondo l’ipotesi accusatoria – sarebbero stati loro a predisporre il piano.
“Voleva ammazzare anche la mamma”
Ad incastrarli anche le dichiarazioni fornite da due collaboratori di giustizia: Raffaele Moscato ed Andrea Mantella. “Rosario Fiorillo – sottolinea in particolare Moscato – era bambino, aveva 15 anni”. Rosario Battaglia invece di anni ne aveva 19 e a Moscato ha raccontato riferendosi a “Pulcino”: “Era un ragazzino e glielo facevamo noi”. Invece Rosario Fiorillo ha fatto tutto da solo. “Addirittura – aggiunge in un altro passaggio il pentito – Rosario Fiorillo aveva intenzione di uccidere la propria madre, evento che non si verifica unicamente per intercessione di Rosario Battaglia, in quanto come regola, non si ammazzano le mamme”.
La trappola fatale al cimitero di Piscopio
Antonio De Pietro era un impiegato dell’Ufficio Provinciale del Lavoro ma agli occhi di Rosario Fiorillo e dei suoi familiari più stretti era, soprattutto, l’amante della madre, Immacolata Fortuna. Venne ucciso l’11 aprile del 2005 e il suo corpo ritrovato dal custode del cimitero a bordo di un’auto, una Renault 5, nelle immediate vicinanze dell’ingresso principale. Qualche mese prima un’altra macchina di sua proprietà, una Bmw, era stata danneggiata e successivamente distrutta da un incendio. Quell’auto – secondo quanto emerso dalle indagini – sarebbe stata regalata all’uomo proprio dalla sua amante. Questi atti intimidatori precedenti all’agguato mortale avevano fatto sospettare De Pietro di essere nel mirino di alcuni familiari della donna che non vedevano di buon occhio la relazione extraconiugale. Secondo le ricostruzioni degli inquirenti, il giorno dell’omicidio “Pulcino” si è recato all’Ufficio Provinciale del Lavoro in mattinata dove ha incontrato De Pietro. I due si sono poi nuovamente rivisti nel pomeriggio e Fiorillo è riuscito a convincere l’uomo ad accompagnarlo al cimitero per fare una visita alla “nonnina” defunta. Una trappola fatale.
Il movente
De Pietro era sposato ed il rapporto con la madre di “Pulcino” era osteggiato non solo dalla moglie ma anche e soprattutto dai familiari della sua amante. Secondo questi ultimi Immacolata Fortuna si era completamente invaghita dell’uomo tanto da beneficiare delle possidenze economiche della donna a discapito dei congiunti. Oltre alla Bmw 320 nuovo modello, la Fortuna avrebbe affidato a De Pietro ingenti somme di denaro. Amore ma anche soldi, quindi, alla base di un delitto per anni rimasto impunito. Eppure la Procura di Vibo già alcuni mesi dopo l’omicidio e sulla base di alcune risultanze tecniche aveva fermato sei indagati, tra i quali gli stessi Michele Fiorillo e Rosario Battaglia, ritenuti coinvolti a vario titolo nell’omicidio. In quella circostanza però il giudice non convalidò il fermo escludendo per tutti la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e rigettando la contestuale richiesta di misura cautelare.
Le dichiarazioni dei pentiti
A sedici anni di distanza, le carte dell’inchiesta sono nel frattempo finite sul tavolo della Dda guidata da Nicola Gratteri che ha riaperto il caso anche sulla base delle preziose dichiarazioni fornite dai collaboratori di giustizia Raffaele Moscato e Andrea Mantella. Entrambi hanno indicato come esecutore materiale Rosario Pulcino e quale fiancheggiatore, in quanto presente sulla scena del crimine, Michele Fiorillo. I due pentiti parlano anche di un terzo componente del commando. Per Moscato sarebbe Rosario Battaglia, alias “Sarino” mentre per Mantella “un altro stretto parente, forse cugino, di Fiorillo Rosario”. Convergenti le dichiarazioni sul presunto movente: la relazione extraconiugale tra Antonio De Pietro e Immacolata Fortuna la quale – secondo quanto aggiunto da Mantella – delapidava con l’amante anche i risparmi di famiglia. C’è da sottolineare che entrambi i pentiti non ricordavano il nome della vittima ma riferendo agli inquirenti i particolari dell’omicidio hanno parlato “dell’amante della madre di Pulcino” ucciso al cimitero di Piscopio.