19 Aprile 2025
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“Il calcio non è il far west”, calci, pugni e inseguimenti durante un partita: la denuncia della Polisportiva Taverna

Il sodalizio sportivo: “Un nostro tesserato, classe 2004, è finito a terra in balia di quattro giocatori avversari, colpevole solo di aver tentato di riportare calma dove altri volevano solo violenza”. Ha riposrtato un dito fratturato e immobilizzato e un collo finito in lordosi cervicale

“Ci sono momenti in cui tacere è complicità. E noi, da oggi, non saremo più complici. Il calcio è una passione, un sacrificio e un’identità. Ma quello che è accaduto oggi non è sport. È barbarie. È violenza. È codardia travestita da agonismo. Siamo stati aggrediti, in casa nostra verbalmente e moralmente. Sotto gli occhi di tutti”. E’ quanto scrive, non senza profondo rammarico, la Polisportiva Pino Donato Taverna, compagine calcistica che milita nel campionato di Prima Categoria, su quanto accaduto nella gara casalinga di domenica scorsa contro il Sant’Onofrio.

Pestato a terra come il peggior nemico

Il sodalizio calcistico aggiunge: “Un nostro tesserato, classe 2004, è finito a terra sotto calci e pugni di quattro giocatori avversari, colpevole solo di aver tentato di riportare calma dove altri volevano solo violenza. Lo hanno pestato, a terra, come non si fa neanche con un nemico.Figuriamoci un avversario  (un dito fratturato e immobilizzato e un collo finito in lordosi cervicale). E tutto è partito da una sequenza che grida vendetta sul risultato di 3 a 2 per noi con soli 2 minuti dal triplice fischio: Un nostro giocatore, provocato per tutta la gara, preso per il collo da un avversario, ha reagito con un calcio. Un errore, che condanniamo fermamente perché noi non siamo così. Ma chi ha scatenato quell’errore? Chi ha seminato odio in campo? Chi ha permesso che il sangue si scaldasse fino al punto di bollire? Scene da incubo. Scene da far West”.

L’arbitro dov’era?

La Polisportiva dice ancora: “Il nostro giocatore che ha reagito al gesto provocatorio rincorso da sei avversari e dalla panchina come un  animale. La panchina avversaria in campo, libera di inveire, insultare, caricare. E un mister che, invece di fermare tutto, ha alimentato il caos inseguendo anche lui il giocatore. E durante il primo e secondo tempo? Ripetute invasioni di campo, urla e proteste dello stesso mister avversario. Solo dopo l’ennesima entrata in  campo arriva il secondo giallo per lui. Tardi. Tardissimo. E mentre tutto esplodeva, l’arbitro dov’era? Il rigore per noi? Nettissimo. Nascosto sotto la paura. Il rigore per loro? Servito con superficialità. Il nostro DG Macario? Espulso per aver cercato di calmare gli animi. Risultato? Un ragazzo all’ospedale. Un altro aggredito. Un direttore fuori per aver fatto il lavoro che altri hanno smesso di fare. E poi? Le scuse. Le solite, ipocrite, inutili scuse. Quelle che arrivano quando il sangue è già stato versato. Le scuse che insultano ancora più del silenzio”.

Non ci basta sapere che l’arbitro è giovane

E ancora: “Le scuse del direttore di gara, scuse per aver espulso chi non c’entrava nulla. Scuse per una gestione disastrosa e pericolosa ma in preda alla paura e confusione più totale. E poi le parole dell’osservatore Figc che si presenta con aria contrita e voce bassa, quasi a volerci dire:  “Capisco… ma non posso farci niente.” Ammette l’evidenza: “Sì, la gestione è stata confusionaria.” “Sì, il portiere non ha colpe. Anzi, da ammirare per il sangue freddo e il comportamento tenuto.” Sì, l’arbitro ha solo 18 anni… sono ragazzi… tutti possono sbagliare…” No. Non così. Non oggi. Non su pelle altrui. Perché dietro ogni “errore” ci sono lividi veri. C’è un ragazzo all’ospedale. C’è un’intera società che ogni settimana si sacrifica per costruire qualcosa di sano, e che si ritrova ogni volta travolta da incompetenza, paura e lassismo. Non ci basta sapere che l’arbitro è giovane. Non ci consola che “tutti possano sbagliare”. Non ci placa che l’errore sia stato riconosciuto, solo quando tutto è ormai distrutto. Perché se oggi l’arbitro può sbagliare, domani chi pagherà le conseguenze? Sempre noi? Sempre i nostri ragazzi? Se un 2004, pestato a terra, riceve un rosso e poi anche le scuse…a cosa serve? A chi serve? Le scuse non lavano il sangue. Le scuse non riscrivono il referto. Le scuse, oggi, sono la beffa più grande”.

Complimenti a chi confonde “furbizia” con prepotenza

Poi la conclusione: “Sapete cosa ce ne facciamo delle vostre scuse? Niente. E non è nemmeno la prima volta. Siamo alla quarta partita di torti, provocazioni e persecuzioni. Quattro partite in cui ogni principio di equità è stato cancellato. Quattro partite in cui ci hanno detto: “State zitti.” E invece adesso gridiamo. Questo non è calcio. Questo è un incubo travestito da sport. Questo è un sistema malato. E allora, sì: Complimenti a chi vincerà questo campionato. Complimenti a chi usa il caos come arma.Complimenti a chi confonde “furbizia” con prepotenza. Complimenti a chi chiude gli occhi e si lava la coscienza con un foglio firmato a fine gara. Questo non è calcio. È una maschera sporca di fango, sangue e vergogna. E se questo è il campionato che vogliono, tenetevelo. Ma non chiedeteci il silenzio. Useremo tutte le sedi competenti per difendere la nostra dignità. A pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina. E noi, da oggi, non indoviniamo più: parliamo. Urlando, se serve. Polisportiva Pino Donato Taverna con rabbia, con dolore e con dignità”.

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