di Mimmo Famularo – Non sarà il giudice Tiziana Macrì a presiedere il collegio del Tribunale di Vibo nel processo “Petrolmafie” sui presunti illeciti perpetrati dalle cosche del Vibonese nell’affare degli idrocarburi. Così ha deciso la prima sezione della Corte d’appello di Catanzaro (presidente Loredana De Franco, consiglieri Giovanna Mastroianni e Ippolita Luzzo) accogliendo l’istanza di ricusazione presentata dalla Direzione distrettuale antimafia guidata dal procuratore Nicola Gratteri. Lo scorso 13 dicembre, in apertura di udienza, la stessa Macrì aveva dichiarato di aver già depositato una richiesta di astensione al presidente del Tribunale di Vibo Valentia Erminio Di Matteo che aveva rigettato l’istanza. In particolare la Macrì riteneva “Petrolmafie” una costola di “Rinascita Scott” e, a tal proposito, la Corte di Cassazione si era già espressa certificando il profilo di incompatibilità. Nelle vesti di gip a Catanzaro aveva disposto dei decreti di intercettazione richiamando nel merito l’associazione mafiosa proprio nell’ambito del procedimento Rinascita Scott.
La doppia istanza di ricusazione
La Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, rappresentata dal pm Antonio De Bernardo, ha ribadito nella richiesta di ricusazione che “la dottoressa Macrì ha espresso un giudizio di gravità indiziaria in ordine all’esistenza delle articolazioni di ‘ndrangheta tra loro collegate operanti nei territori di Limbadi, San Gregorio d’Ippona, Sant’Onofrio e Zungri”. La dichiarazione di ricusazione era stata proposta anche dall’avvocato Francesco Sabatino nell’interesse del suo assistito Antonio Prenestì, condannato a quattro anni di reclusione nel processo “Dinasty” proprio dalla stessa Tiziana Macrì. “Tale pronuncia – secondo l’avvocato Sabatino – valeva a segnare l’incompatibilità della dottoressa Macrì essendo devoluta al collegio la valutazione in ordine alla eventuale ultrattività della condotta ascrivibile al Prenestì intesa come unica fattispecie di natura permanente”. L’accoglimento dell’istanza della Dda di Catanzaro assorbe la dichiarazione di ricusazione avanzata dall’avvocato Sabatino. Per i giudici della Corte d’appello valgono le stesse ragioni che hanno portato all’incompatibilità di Tiziana Macrì nel maxi processo “Rinascita Scott”, considerato il fascicolo “madre” dal quale si è poi sviluppata l’inchiesta denominata “Petrolmafie”.
Cosa succede ora?
Proprio in attesa delle decisione della Corte d’appello di Catanzaro, Tiziana Macrì aveva fatto slittare al prossimo 9 febbraio l’inizio del dibattimento del troncone ordinario di “Petrolmafie”. La palla adesso tornerà al presidente del Tribunale di Vibo Valentia che dovrà nominare un sostituto per completare il collegio giudicante. Restano al loro posto Roberta Ricotta e Laerte Conti, i due giudici a latere. Nel processo risultano imputate 54 persone, a vario titolo, accusate di associazione di stampo mafioso, estorsioni, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita in attività economiche, intestazione fittizia di beni, evasione delle imposte e delle accise anche mediante l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, contraffazione e utilizzazione di documenti di accompagnamento semplificati. Reati aggravati dall’essere stati commessi per agevolare le associazioni ‘ndranghetistiche attive sul territorio calabrese, in particolare, quella dei Mancuso di Limbadi. Tra gli imputati che hanno scelto il rito ordinario figurano Salvatore Solano, attuale presidente della Provincia di Vibo, Francescantonio Tedesco, ex consigliere comunale di Vibo, considerato vicino agli Anello di Filadelfia (già imputato in Imponimento), gli imprenditori vibonesi Giuseppe e Antonio D’Amico, i boss Luigi e Francesco Mancuso, la show-girl Ana Betz, all’anagrafe Anna Bettozzi, vedova di un ricco petroliere e i tre dipendenti della provincia di Vibo: Antonio Francolino, Isaia Angelo Capria e Gaetano del Vecchio.
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