di Mimmo Famularo – Il sanguinario clan dei Piscopisani aveva progettato due omicidi “eccellenti” da compiere tra Nicotera e Vibo Marina a cavallo tra il 2010 e il 2011. Nel mirino erano finiti due boss di primo piano della ‘ndrangheta vibonese: Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, e Giuseppe Accorinti, meglio conosciuto nell’ambiente criminale come “Peppone”. Agguati preparati e non compiuti perché falliti. Ne ha parlato nei dettagli il collaboratore di giustizia Raffaele Moscato, ex azionista dei Piscopisani, protagonista in questi giorni nel maxi processo “Rinascita Scott” il cui rito ordinario che vede imputate oltre 300 persone si sta celebrando nell’aula bunker di Lamezia Terme. Il pentito di Vibo Marina ha parlato per diverse ore ribadendo, collegato in videoconferenza da un sito riservato, quanto era già emerso nei verbali desecretati dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro aggiungendo nuovi dettagli e qualche retroscena a fatti già raccontati tra le pagine di altre inchieste e in altri procedimenti.
“Volevano tagliare la testa a Scarpuni”
Rispondendo alle domande del pm antimafia Annamaria Frustaci, Raffaele Moscato ha raccontato gli anni della faida tra i Piscopisani e i Patania di Stefanaconi soffermandosi sul tentativo di uccidere Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, capo dell’ala armata della potente cosca di Limbadi e inquadrato come il nemico numero uno da abbattere dai clan scissionisti che si erano federati tra di loro. Boss di prima grandezza uniti da un unico obiettivo: interrompere l’egemonia dei Mancuso sulla provincia di Vibo Valentia. Secondo quanto raccontato da Moscato già nel 2009 vi era stata una riunione tra Michele Fiorillo, Andrea Mantella, Domenico Bonavota e Bruno Emanuele. I quattro boss avevano di fatto siglato un patto: “Chi usciva prima dal carcere doveva ammazzare Mancuso”. L’occasione si presentò in piena guerra di mafia, subito dopo l’omicidio di Fortunato Patania. Moscato riferisce di un incontro tra Rosario Battaglia e Francesco Scrugli con Salvatore Cuturello e Antonio Campisi (esponenti di primo piano di un’articolazione dei Mancuso in rottura con “Scarpuni”) nei pressi del Geometra di Vibo. E’ qui che i Piscopisani avrebbero iniziato a pianificare il clamoroso agguato. Moscato avrebbe rubato un furgone al centro commerciale “Due Mari” e addirittura il commando che – secondo il collaboratore di giustizia – sarebbe stato formato da Francesco Scrugli, Sarino Battaglia, Nazzareno Galati, Franco D’Ascoli e Franco La Bella sarebbe anche arrivato a Nicotera. “Siamo finiti in una stradina nei pressi di una fabbrica di tonno e a un certo punto – rivela Moscato – sbucò Antonio Campisi ma non Cuturello che doveva controllare ‘Scarpuni’ e farci uno squillo col cellulare appena fosse passato Mancuso”. Il commando era armato fino ai denti: kalashinkov, fucile a pompa, pistole e persino un’ascia. “Per come mi dissero Rosario Fiorillo e Campisi, doveva servire a tagliargli la testa”. Il boss si salvò perché all’appuntamento con la morte non si presentò. Era solito andare in bici ma quel giorno non si vide in giro. “Da quel giorno si guardò con attenzione”. Oggi Pantaleone Mancuso è in carcere, condannato in via definitiva all’ergastolo nell’ambito del processo “Gringia” che ha fatto luce proprio sulla cruenta e sanguinosa faida tra i Patania e i Piscopisani.
Il boss di Zungri e l’agguato (fallito) dal dentista
Tra il 2010 e il 2011 Francesco Scrugli, Rosario Battaglia, Rosario Fiorillo e Raffaele Moscato avrebbero organizzato un altro agguato “eccellente”. A svelare il piano lo stesso collaboratore di giustizia che nell’aula bunker di Lamezia ha raccontato i retroscena del piano preparato dai Piscopisani per uccidere Giuseppe Accorinti, ritenuto il boss di Zungri. “Avevamo organizzato di ucciderlo – rivela Moscato – a Vibo Marina approfittando del fatto che sapevamo dovesse recarsi dal dentista”. Secondo quanto riferito dal pentito, Accorinti doveva morire perché legatissimo a Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni” ma anche per un litigio avuto in carcere con Francesco Scrugli, il killer dei Piscopisani assassinato nel 2012 al Pennello di Vibo Marina in un agguato organizzato dai Patania di Stefanaconi nell’ambito della faida. Ed è proprio in questo quartiere che un paio di mesi prima doveva essere giustiziato Accorinti. “Fiorillo avrebbe dovuto guidare la moto mentre Scrugli avrebbe sparato. Dovevamo prenderlo – spiega Moscato – nell’androne del palazzo del dentista”. L’agguato fallì perché dal dentista quel giorno il boss di Zungri non ci andò. Oggi “Peppone” è imputato in “Rinascita Scott” per il duplice omicidio di Antonio Lo Giudice e Roberto Soriano ma anche per traffico internazionale di droga. Una sfilza di accuse che hanno indotto la scorsa estate l’ex ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ad applicare nei suoi confronti il carcere duro.
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