Il sangue della Resistenza calabrese comincia a scorrere molto prima del 1943. Nel 1847, a Gerace, cinque giovani guidati da Michele Bello di Siderno si sollevano contro i Borbone: saranno giustiziati come traditori. Ma la loro memoria diventa seme. Quel sogno di giustizia e libertร , represso nel sangue, tornerร a vivere nel Novecento: stavolta contro il nazifascismo.
I calabresi al Nord: partigiani per scelta
Quando lโItalia si spacca dopo lโ8 settembre 1943, centinaia di giovani calabresi raggiungono le brigate partigiane del Nord. Non per caso, ma per scelta politica. ร il caso di Pasquale โMalerbaโ Brancatisano da Samo, classe 1922. Combattรฉ nelle Langhe con la Divisione Garibaldi e fu uno degli ultimi testimoni viventi della Resistenza. Prima di morire, nel 2021, ricevette un ringraziamento ufficiale dal Presidente Mattarella.
Come lui, Aldo Chiantella, nome di battaglia Fieramosca, partรฌ da Reggio per combattere in Friuli. A chi gli chiedeva perchรฉ, rispondeva: “Era un dovere morale. Non si poteva restare a guardare.” E poi Marco Perpiglia di Roccaforte del Greco, Gaetano Renda di Sambiase, Emilio La Scala e Domenico Petruzza di Nicastro: nomi che oggi pochi ricordano, ma che furono determinanti nel sogno di unโItalia libera.
La Resistenza รจ anche donna: staffette, madri, eroine
Non cโerano solo fucili e montagne. Cโerano anche valigie piene di volantini, treni da prendere di notte, e bambini da lasciare alle vicine. Cosรฌ lottava Anna Condรฒ, reggina emigrata in Liguria con il marito Ruggero, entrambi partigiani nella III Brigata Garibaldi. Lui fu catturato e ucciso dai nazisti nel 1944, durante la strage della Benedicta. Lei sopravvisse e ha raccontato cos’รจ la libertร quando la perdi.
Altre donne come Giuseppina Russo di Roccaforte del Greco, insieme al marito Marco Perpiglia, fecero la Resistenza in famiglia, tra La Spezia, lโEmilia e i monti dellโAppennino. O come Caterina Tallarico di Marcedusa, sorella di Frico, Anna Cinanni di Gerace, Tina Pontoriero di San Ferdinando (nome di battaglia Maia), le sorelle Maria e Bice Tocco di Tropea. E poi Teresa Talotta Gullace di Cittanova, fucilata dai tedeschi a Roma mentre tentava di portare un pacco al marito prigioniero: ispirรฒ il personaggio di Anna Magnani in Roma cittร aperta.
La loro memoria รจ sopravvissuta anche nella politica. Alle elezioni del 1946, la Calabria espresse tre sindache, tra le 12 elette in tutta Italia: Lydia Toraldo Serra a Tropea, Caterina Tufarelli Pisani a San Sosti, Ines Nervi Carratelli a San Pietro in Amantea.
Scienza, coscienza e resistenza: Renato Dulbecco
Unโantifascista di stirpe calabra fu anche Renato Dulbecco, nato a Catanzaro nel 1914 da madre tropeana, Maria Virdia. Premio Nobel per la Medicina nel 1975, formรฒ la sua coscienza antifascista nello studio del professor Giuseppe Levi a Torino, insieme a due altri Nobel e resistenti: Salvatore Luria e Rita Levi Montalcini. Un trio di scienza, conoscenza e coscienza, cresciuto contro la dittatura.
Dalle montagne dโAbruzzo al lager: i combattenti invisibili
Uno dei casi piรน simbolici รจ quello di Alfredo Perna, giovane reggino che combattรฉ sullโAppennino abruzzese e veneto. Nel 1947 ricevette il titolo ufficiale di Comandante di Brigata Partigiana. A Delianuova, invece, nacque Nino DโAgostino, morto in battaglia sul Monte Rosa nel 1945: a lui fu conferita la Medaglia dโArgento al Valor Militare.
Ma ci furono anche eroi dimenticati, come Ettore Arena di Catanzaro, partigiano del movimento Bandiera Rossa, fucilato dai nazisti a Forte Bravetta nel 1944. Aveva solo 21 anni. Si strappรฒ la benda dagli occhi e cadde con il nome dellโItalia sulle labbra. Fu decorato con medaglia dโoro al valore militare. Oggi Catanzaro gli ha intitolato una via. Ma pochi sanno chi fosse.
Frico, il medico comandante: rigore e libertร
Tra gli uomini, spicca la figura di Federico Tallarico, medico nato a Marcedusa nel 1917. Ufficiale del Regio Esercito, dopo lโ8 settembre divenne partigiano col nome di battaglia Frico. Comandรฒ una brigata autonoma e catturรฒ, con soli 8 partigiani, ben 36 nazi-fascisti a Cumiana. Accanto a lui combattรฉ anche Eugenio Fassino, padre di Piero.
Disse una volta a Mario Saccร : “Non capendo nulla di politica, รจ emersa la volontร di rimanere autonomi. La scelta fu patriottica, non ideologica.” Le brigate autonome, raccontรฒ, “avevano unโimpronta militare, ogni azione era pianificata per ridurre al minimo le perdite. Persi solo quindici uomini in molte battaglie.” Sulla sua uniforme, sempre le stellette da ufficiale. E sempre la coscienza di combattere per la libertร e la dignitร dellโItalia.
Calabresi con la medaglia sul petto (e nel cuore)
Furono 1.849 i calabresi censiti come partigiani dallโAnpi. Di questi, 49 erano donne. A loro si aggiungono i caduti non registrati, morti solo perchรฉ antifascisti. Molti furono militari dellโex Regio Esercito che, dispersi dopo lโ8 settembre, decisero di non arrendersi e unirsi alla Resistenza.
Alcuni furono decorati con medaglia dโoro al valor militare: Aldo Barbaro e Vinicio Cortese di Catanzaro, Saverio Papandrea di Vibo Valentia. E poi: Carmine Fusca di Limbadi, Pasquale Staglianรฒ di Bagnara, Francesco Restuccia di Joppolo, Pino Scrivo (Aramis) di Serra San Bruno, Francesco Vallelonga (Fanfulla) di Nardodipace, Domenico Mazzitelli di Zaccanopoli, i fratelli Giulio e Franco Nicoletta del Crotonese, Giuseppe Pace di Petilia Policastro, Raffaele De Luca, Ubaldo Montalto, Geniale Bruni, Vincenzo Errico, Dante Castellucci (Facio), e il tenente colonnello Franco Castriota. Senza dimenticare i partigiani di lingua arbรซreshรซ.
E infine Raf Vallone, di Tropea: attore, giornalista, calciatore del Torino, ma prima ancora partigiano in Giustizia e Libertร , amico fraterno di Cesare Pavese, che il fascismo confinรฒ proprio a Brancaleone.
La memoria corta dellโItalia โliberataโ
Oggi, in un’Italia che spesso deride lโantifascismo o lo riduce a slogan, le storie dei partigiani calabresi rischiano lโoblio. Cโรจ chi confonde la memoria storica con la nostalgia ideologica. Ma la Costituzione nasce anche grazie a questi uomini e donne del Sud, che hanno lottato per un Paese piรน giusto.
Lo diceva Vittorio Calvari, partigiano di Campo Calabro: “La fine per sempre al fascismo รจ segnataโฆ LโItalia รจ rinata.” Quel verso, scritto nel 1945, oggi dovrebbe essere inciso su ogni muro pubblico. Per ricordarci che la Liberazione non รจ un evento. ร una scelta quotidiana.