12 Novembre 2025
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Calabria

L’atto d’accusa del sindaco ribelle, Lo Polito: “Basta baronaggi e miseria politica, la credibilità non si compra”

Semplice iscritto dem, non risparmia critiche al segretario Nicola Irto e alla strategia post sconfitta. Denunciata la “pochezza” dei colleghi che non hanno corso per paura di scontentare il centrodestra

Mimmo Lo Polito è il sindaco di Castrovillari, la capitale del Pollino, mica di un paesello qualsiasi, ma è anche un semplice (ci tiene a questo aggettivo)  iscritto al Pd, che non le manda però a dire a Nicola Irto e al suo consilium principis, dopo l’ennesima tranvata regionale. Ha il merito, Lo Polito, di aver gareggiato alle ultime regionali senza preoccuparsi piu’ di tanto del  risultato personale: ha aiutato il centrosinistra con generosità e abnegazione. Applausi.

Non come alcuni suoi colleghi di area dem che hanno rinunziato preventivamente alla gara per il “nobile”  timore  di  recare dispiacere a questo o quel barone di centrodestra che si era speso per i loro comuni, e con cui sarebbe stato  meglio non guastarsela. Infatti, non se la sono guastata vari sindaci demoforzisti sparsi nelle varie circoscrizioni calabresi. Una  linea di pensiero, la loro,  misera e pericolosa che ha in sé il disvalore della gratitudine per un dovere istituzionale scambiato per ‘mmasciata. Pochezza.

Sindaco una prova di grande generosità, la sua, alle ultime elezioni. Cosa si rimprovera e cosa rimprovera alla coalizione di centrosinistra?

“Una competizione elettorale giunta improvvisa senza il tempo necessario per prepararla. Sono soddisfatto del mio risultato complessivo anche se mi aspettavo qualche voto in più nella mia città. Purtroppo i giorni a disposizione erano pochi da dividere tra il proprio comune e tutti gli altri 150 della provincia. Ho privilegiato il territorio che mi ha gratificato di 2.200 preferenze. Ovviamente il poco tempo a disposizione non ha consentito al candidato presidente Tridico, che continuo a considerare un lusso per la nostra regione, di poter declinare compiutamente la propria proposta politica. Allo schieramento di centro sinistra rimprovero di non aver consigliato al presidente Tridico (che non conosceva donne ed uomini e neppure alcune situazioni) di escludere dalle liste candidati incompatibili con la nostra coalizione. Non è la forza elettorale individuale a dover essere valutata ma la credibilità della proposta, questa passa soprattutto dalle persone. Non si è potuto parlare di sanità privata, ad esempio, ovvero di impresentabili o di persone buone per ogni stagione o schieramento. Credo che le urne ci hanno consegnato uno schieramento di centro sinistra nella nostra provincia che tranne un paio di consiglieri farà poca o nulla opposizione anche se mia auguro di sbagliarmi”.

E’ un Pd che non va, prigioniero della politica di rappresentanza, la stessa che non guarda come dovrebbe ai territori. Come si cambia e quando?

 “Ho già avuto modo di affrontare la questione dei protagonismi dei territori in una mia nota di qualche giorno fa. Un PD che nella nostra provincia prende poco più dell’11% è un partito che deve interrogarsi del perché di questa grave frattura, ormai decennale, con il proprio elettorato. La forza del nostro partito è sempre statanella presenza capillare sui territori con organismi attivi e propositivi. Se si pensa ai circoli come comitati elettorali da attivare in vista delle competizioni continueremo a non dare risposte, a non creare nuova classe dirigente, a non conoscere i problemi dei territori ed a non coglierne i suggerimenti e le proposte. Ci sono persone nel nostro partito che vincono anche quando (ormai spesso) si perde. Il partito non è una società per azioni dove pochi detengono un piccolo capitale (quel famoso 10%) e controlla e nomina gli amministratori (rappresentanti istituzionali) perché tutto il resto, ancorchè 90%, è distribuito tra una miriade di piccoli azionisti non organizzati, che apportano solo risparmi (voti). E’ giunto il momento che a quel 90% di iscritti venga data la possibilità di darsi organizzazioni stabili e di “contare” sempre”.

Tutti sussurrano la necessità di svoltare, ma nessuno la grida, tranne qualche amministratore locale. Non sarà pure l’ipocrisia uno dei mali del Pd?

“Non si tratta di ipocrisia ma di senso individuale di auto conservazione. Una cosa invidio ai 5 stelle: la regola del limite dei 2 mandati. E’ il sistema migliore di impegnarsi nel partito e per il partito. Diversamente ci sarà sempre la corsa a garantirsi il posto e, magari, alla scadenza dei mandati del ruolo, sistemarsi altrove. Se questa è la percezione che diamo, ci continuerà a mancare quella credibilità necessaria a restituire fiducia nel partito e nelle istituzioni. La personalizzazione della politica va scardinata con l’idea di un soggetto collettivo nel quale si possono e devono sviluppare le ambizioni dei singoli ma sempre funzionali al progetto politico espresso dall’appartenenza ad un partito”.

Cosa si aspetta dal segretario regionale del Pd, Nicola Irto?

“Dal segretario regionale mi aspetto che prenda atto della necessità di invertire la rotta investendo nel partito e nei territori. Il partito democratico oggi non ha appeal e non ha una classe dirigente riconoscibile. Per tre volte di seguito abbiamo cercato altrove un candidato presidente della regione, senza mai essere protagonisti con nostre proposte di candidature. Occorre girare nei territori, sentire la base, raccogliere le istanze, fare sintesi. Per fare ciò occorre un lavoro quotidiano e non occasionale; occorre una segreteria regionale ampia e laboriosa; occorre creare organismi intermedi quali i coordinamenti di zona; occorrono iniziative periodiche”.

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