L’operazione della Dda ha messo a nudo il potere del clan dei Gaglianesi a Catanzaro, portando alla luce una serie di attività illecite che spaziano dalle estorsioni alle truffe, dalle rapine all’usura. L’indagine ha permesso di ricostruire un giro d’affari di 400mila euro, alimentato attraverso l’imposizione di ditte compiacenti, il ricorso al metodo dei ‘cavalli di ritorno’ per i furti di auto e la gestione di attività commerciali intestate fittiziamente.
L’inchiesta ha smascherato anche una riorganizzazione gerarchica all’interno del clan, dimostrando ancora una volta la straordinaria capacità della ‘ndrangheta di rigenerarsi e rimanere saldamente radicata nel territorio, nonostante i numerosi interventi delle forze dell’ordine.
Il business delle estorsioni
Le indagini, attraverso i risultati di alcuni servizi di osservazione sugli affiliati, hanno messo in luce il modus operandi della cosca nella gestione delle estorsioni. “Il gruppo – scrive il gip Gilda Danila Romano nell’ordinanza cautelare che ha portato all’arresto di 22 persone – mirava ad imporre alle varie imprese edili operanti sul territorio di avvalersi della ditta del sodale Domenico Scozzafava, la Electro Sat World operante nel settore della impiantistica elettrica. E così nel periodo di riferimento si assiste ai giri di ricognizione, debitamente captati, di Pancrazio Opipari e Domenico Scozzafava stesso che, armati di carta e penna, giravano per le strade della città per prendere nota dei cantieri attivi, cui poi rivolgersi per ‘suggerire’ i suoi servigi”.
E ancora il giudice annota che “arrivando nel comune di Simeri Crichi, dinanzi ai cantieri di ammodernamento della Strada Statale 106, spalmati su vari lotti, i due, e Opipari in particolare, specificano che l’intera ditta era stata totalmente loro assoggettata, come deciso in una riunione cui avevano partecipato ‘tutti quanti’, quelli di Catanzaro, quelli di Roccelletta, quelli di Soverato, quelli di San Leonardo di Cutro, anche quelli di Vibo”.
Truffe e rapine
Le indagini hanno rivelato anche una serie di truffe a danno di aziende nazionali. I membri del clan avevano creato una società in Lombardia per gestire un supermercato, ma dietro questa facciata si nascondeva un sistema per dirottare merci non pagate dai fornitori in Calabria. Il clan aveva organizzato questo schema fraudolento, con l’obiettivo di arricchirsi attraverso il mancato pagamento delle forniture e l’acquisizione di beni non dovuti.
Uno degli episodi più eclatanti riguarda la rapina alla Sicurtransport nel 2016, dove il clan dei Gaglianesi ha fornito supporto logistico a un gruppo di malviventi che, utilizzando un mezzo cingolato, ha sfondato il caveau della società di trasporto valori, rubando circa 8,5 milioni di euro in contante.
Banca Carime di Catanzaro
Nel 2014, il clan dei Gaglianesi tentò di rapinare la Banca Carime di Catanzaro. Un gruppo di malviventi, con la complicità di un dipendente della banca, aveva pianificato nei minimi dettagli il colpo, ma un errore tecnico ha fatto fallire il piano. Un badge elettronico fornito dal basista interno avrebbe dovuto aprire la strada alla rapina, ma un errore nell’inserimento del cartellino costrinse i rapinatori a fuggire. Nonostante il fallimento, è emerso che il tentativo faceva parte di un disegno più ampio per finanziare le attività illecite della cosca.
Il sequestro
L’operazione della Dda ha portato al sequestro di 12 società intestate fittiziamente a membri del clan, oltre a una struttura utilizzata per gli incontri e la pianificazione delle attività criminali. Inoltre, sono stati sequestrati 138mila euro appartenenti a 5 persone indagate per i reati di usura ed estorsione.