“Io voglio capire come una persona arriva al quarto stadio di una malattia devastante e viene scarcerato solo a dieci giorni dalla fine della pena”. Così l’europarlamentare di Avs Mimmo Lucano che questa mattina, assieme al responsabile legale del suo staff Andrea Daqua, è stato al carcere di Arghillà, a Reggio Calabria, per ricevere informazioni circa le cure prestate al detenuto Habashy Rashed Hassan Arafa, un egiziano che era stato condannato con l’accusa di essere uno scafista ed era finito in carcere nel 2021.
Il 24 febbraio l’uomo era stato rimesso in libertà a seguito del peggioramento delle sue condizioni di salute, era infatti malato di tumore, e trasferito nel reparto di Oncologia dell’ospedale di Locri. Lì è rimasto fino al 2 marzo quando con un’ambulanza, dopo una richiesta del primario del nosocomio al sindaco Lucano, è stato accompagnato a Riace. L’egiziano ha raccontato a Lucano di non avere ricevuto le giuste cure, nonostante avesse più volte fatto presente di non sentirsi bene.
L’impegno di Lucano
“Ho parlato con due vicecomandanti della polizia penitenziaria – ha detto Lucano – e parlerò anche con il medico della struttura detentiva. Qui ci hanno detto che tutti dicono di sentirsi male e poi è difficile capire chi accusa un malore veramente. Mi hanno detto che quest’uomo non si lamentava mai. Questa è un tipo di malattia che, da quando insorge a quando ci sono sintomi devastanti, ci impiega poco. Ci chiarirà meglio il dirigente medico che, stando a quanto ci hanno raccontato oggi, avrebbe insistito tante volte a farlo ricoverare. Non si capisce perché non lo hanno fatto prima. Oggi si trova a Riace e sta facendo la terapia del dolore. Io non penso che fosse uno scafista ma non intendo intromettermi in questioni giudiziarie.
Ritengo però che, invece di stare dentro un carcere, aveva bisogno di essere portato in un ospedale per essere curato. Magari non sarebbe arrivato al quarto stadio. È una persona che ha subito una forte ingiustizia, un’evidente violazione dei diritti umani. È quella che chiedo oggi io per lui, che ha cinque figli in Egitto, e per la sua famiglia. Porterò questa questione in Europa“.