Ci sarà un nuovo processo di appello per undici imputati nel processo stralcio Mithos, nato da un’inchiesta della Dda di Catanzaro, che ha sferrato un duro colpo al sodalizio di ’ndrangheta, secondo gli inquirenti, capeggiato da Vincenzo Gallace e Carmelo Novella, che per oltre un decennio avrebbe dominato incontrastato sul litorale del Basso Jonio Catanzarese. Lo ha stabilito la prima sezione penale della Corte di Cassazione che, ha accolto il ricorso difensivo degli avvocati Salvatore Staiano, Vincenzo Cicino, Giuseppe Gervasi, Francesco Lojacono, Carlo Romeo, Letterio Rositano, Alfredo Arcorace, Giambattista Colombo, Fabrizio Costarella, Mauro Ruga, disponendo l’annullamento con rinvio della sentenza emessa dalla Corte di appello di Roma, trasferendo gli atti per un nuovo processo che verrà celebrato dai giudici di secondo grado del Tribunale capitolino, in diversa composizione.
I nomi
In particolare la Corte di Cassazione ha annullato in toto con rinvio la sentenza nei confronti di Francesco Cicino (condannato a 10 anni); Vincenzo Gallelli (condannato a 10 anni); Vincenzo Alessio Novella (condannato a 10 anni); Salvatore Carmelo Papaleo (10 anni, due mesi e quindici giorni), Carmelo Vitale (10 annidi reclusione) e Maurizio Tripodi (10 anni). Ha annullato con rinvio per alcuni capi di imputazione la sentenza di appello di condanna a 11 anni, 6 mesi e 15 giorni di reclusione per Rosario Colubriale, a 11 anni, 15 giorni e 3.150 euro per Vincenzo Gallace; a 15 anni e 5.350 euro nei confronti di Antonio Giannini; a 11 anni e 10 mesi di reclusione nei confronti di Fabrizio Latassa; a 10 anni, sette mesi, 15 giorni e 3.250 euro per Domenico Origlia.
Dal traffico di armi allo spaccio di droga
Le indagini sfociate nel settembre 2004 nell’operazione “Mithos”, portate avanti per tre anni dai carabinieri, consentirono di svelare il traffico di armi da guerra importate dalla Svizzera per rifornire la cosca, produzione e traffico di stupefacenti, estorsioni a imprenditori di tutta la fascia Jonica soveratese, infiltrazione negli appalti pubblici e rapine: ben 275 gli episodi criminosi complessivamente documentati dai carabinieri che, stando a quanto ricostruito nell’impianto accusatorio, avrebbero appurato anche come la “locale” di Guardavalle sarebbe riuscita a infiltrarsi in alcuni Comuni, avendo inoltre precise “mire” su altre amministrazioni, compresa quella provinciale di Catanzaro, e tenendo rapporti di alleanza con “locali” insistenti sui comuni di Monasterace, Stilo, e Serra San Bruno.
Nel corso delle investigazioni, i militari avevano messo insieme tutto il materiale che consentì alla Dda di ricostruire un quadro criminale che trovò conferma nell’ ordinanza cautelare del gip che emise 57 provvedimenti di custodia: 47 in carcere e 10 ai domiciliari eseguiti con in blitz “Mythos”. Il 21settembre 2005 il gup di Catanzaro portò a termine l’udienza preliminare per gli iniziali 81 indagati citati nella richiesta di rinvio a giudizio, mandandone sotto processo 46, e prosciogliendone 12, mentre i rimanenti furono ammessi all’abbreviato. Il 22 febbraio il Tribunale collegiale di Catanzaro dichiarò la propria incompetenza a trattare il procedimento per presunti affiliati alla cosca del Soveratese, trasferendo gli atti ai colleghi della Capitale. Una cosca che, secondo il collegio, per quanto composta e capeggiata da persone di Guardavalle, sarebbe radicata nel Lazio. Per alcuni di loro il processo di primo grado si è celebrato a Velletri, poi il giudizio di appello a Roma, la Cassazione ha annullato con rinvio per l’appello bis che si celebrerà nella Capitale.