Le carte dell’inchiesta del gip Fabrizio Filice illuminano uno scorcio inquietante sul lato opaco del mondo degli appalti e delle mediazioni d’affari in Lombardia. Un’indagine che intreccia professionisti, imprenditori e figure legate alla ‘ndrangheta, in una vicenda dai contorni torbidi, che ruota attorno a una causa da oltre 30 milioni di euro tra la Fenice Spa, general contractor romano attivo nei cantieri del Superbonus 110%, e la G&G Costruzioni Srl dei fratelli Motterlini.
A tirare le fila, secondo la ricostruzione della procura, sarebbe stato Lorenzo Sbraccia, manager di Fenice già coinvolto nel filone “Equalize”, indagine madre su un sistema di dossieraggi illegali. Accanto a lui — in una dinamica che il giudice definisce “tentato esercizio arbitrario delle proprie ragioni aggravato dal metodo mafioso” — emerge il nome dell’avvocato Umberto Buccarelli, professionista calabrese con studio a Vibo Valentia. Va precisato che, pur risultando indagato, Buccarelli non è destinatario di alcuna misura cautelare e non è accusato di aver partecipato direttamente ad atti intimidatori. La figura, tracciata dal gip, è quella di ‘sollecitatore e coordinatore’, in un contesto descritto come tentativo di mediazione aggravato dal metodo mafioso, ma non qualificato come estorsione.
La figura di Umberto Buccarelli: “Oltre il ruolo del legale“
Secondo l’accusa, Buccarelli non si sarebbe limitato all’assistenza legale: avrebbe partecipato attivamente alla cosiddetta “mediazione” con la G&G, mantenendo rapporti diretti con Francesco e Pasquale Barbaro, esponenti della nota famiglia di Platì, e Annunziatino Romeo, ex collaboratore di giustizia, soggetto descritto come “intimidatorio” e vicino alla cosca Barbaro-Rosi. Il suo nome compare accanto a quello di altri imputati (tra cui Carmine Gallo, ex ispettore di polizia e fondatore dell’agenzia investigativa “Equalize”), in una lunga serie di incontri e contatti tesi a spingere i Motterlini ad accettare una transazione da 8 milioni, a fronte dei 35 richiesti in sede giudiziaria.
Romeo, l’ex pentito e l’ombra lunga del sequestro Sgarella
È proprio Gallo, nell’interrogatorio dell’11 dicembre 2024, a riportare in scena Annunziatino Romeo, “molto addentrato”, raccontando di averlo convinto a collaborare negli anni ’90, in un passaggio che evoca il sequestro di Alessandra Sgarella, tenuta prigioniera per 266 giorni nel 1997 dalla ‘ndrangheta lombardo-calabrese. “Mi diede l’informazione che portò alla liberazione della signora”, sostiene Gallo, oggi deceduto, rivelando un retroscena mai emerso in 25 anni.
Romeo, cugino del “superpentito” Saverio Morabito, è figura ambigua: condannato a 12 anni per traffico di droga nel 1991, ha vissuto un percorso di collaborazione controverso, fino alla scena muta del 2022 nel processo “’ndrangheta stragista”. È lui, secondo l’accusa, l’uomo scelto per “spaventare” i Motterlini, evocando la “famiglia” e facendo pressioni verbali e ambientali che hanno generato allarme nelle vittime e nei loro familiari.
Il “favore” chiesto all’avvocato: la trattativa diventa minaccia
Tutto ruota intorno a un “favore” che Sbraccia, attraverso Buccarelli, avrebbe chiesto a Gallo: “serve uno che li faccia sedere al tavolo”. A quel punto si muove Romeo, secondo l’accusa forte di una caratura criminale riconoscibile, che avrebbe avviato contatti con i Motterlini assumendo toni intimidatori, accento calabrese marcato, e riferimenti criptici alla criminalità organizzata.
Gli inquirenti documentano telefonate, messaggi e incontri tra le parti, fino al giorno dell’incontro tra gli avvocati delle due aziende, il 3 ottobre 2023, cui partecipano — seppur “da lontano” — anche Romeo, Buccarelli e i Barbaro, “pronti a intervenire” in caso di atteggiamenti poco collaborativi.
Il giudice frena: niente estorsione, ma resta l’aggravante mafiosa
Il pm Francesco De Tommasi aveva chiesto nove arresti per gli indagati, tra cui Sbraccia, Buccarelli, Calamucci, i Barbaro e Romeo. Ma il gip non riconosce l’estorsione, bensì il tentativo di esercitare pressioni per ottenere un vantaggio economico già oggetto di causa: un reato meno grave, che — pur aggravato dal metodo mafioso — non consente misure cautelari.
Unica eccezione: Romeo, arrestato per un episodio successivo, in cui avrebbe tentato di spaventare un subfornitore dei Motterlini, minacciandolo di ritorsioni se non avesse smontato entro 24 ore le attrezzature del cantiere, per favorire l’ingresso di ditte “amiche”. Per il giudice si tratta di tentata violenza privata aggravata, l’unico capo con requisiti per l’arresto.
L’ombra lunga della “Equalize” e le zone grigie della legalità
L’intera vicenda si muove nel cono d’ombra tra lecito e illecito, dove professionisti, ex agenti e avvocati sembrano agire secondo logiche di pressione e relazioni pericolose, più che in base al diritto. La figura di Umberto Buccarelli, descritto come “punto di contatto” tra il fronte legale e quello “alternativo”, è al centro di un’inchiesta che mette in discussione il ruolo degli avvocati nelle mediazioni extragiudiziarie. Per ora, nessuna condanna è stata emessa e tutti gli indagati sono da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.



