“Mio padre è stato scagionato per tutte le accuse d’omicidio sia dalla Cassazione che dal Tribunale della libertà”. Così risponde Marianna Emanuele, figlia del presunto boss della ’Ndrangheta Gaetano Emanuele, a Klaus Davi durante l’inchiesta giornalistica sulle infiltrazioni criminali nelle curve degli stadi italiani.
Il giornalista ha raggiunto Soriano Calabro, nel Vibonese, paese d’origine di Pietro Simoncini, uno dei due presunti killer di Vittorio Boiocchi, già indicato anche come protagonista della “faida dei boschi”.
La difesa: “Mio padre è un lavoratore, non un boss“
Incontrata da Davi nei pressi della residenza di Emanuele, Marianna spiega l’assenza del padre: “Adesso mio padre si trova in una Casa di lavoro in Sicilia perché deve scontare una pena di un anno per evasione dall’arresto”. La ragazza aggiunge: “Mio padre e mio zio non sono i capi del clan. Nessuno ha paura di mio padre nel nostro paese, è una persona comune come gli altri, un lavoratore, un agricoltore“.
“Nessun legame con gli ultrà né con Simoncini e D’Alessandro”
Klaus Davi ha chiesto a Marianna se fosse a conoscenza di infiltrazioni della famiglia Bellocco nella curva dell’Inter o di eventuali rapporti tra suo padre e gli arrestati per l’omicidio Boiocchi. La risposta è stata netta: “Non conosco né Simoncini né D’Alessandro. Non so niente di infiltrazioni nelle tifoserie, né mio padre è coinvolto”.
Sulla faida dei boschi: “Ne so quanto voi”
Interrogata sulla presunta partecipazione del padre alla faida di ’Ndrangheta, Marianna Emanuele ha respinto con forza ogni addebito: “Non so cosa siano queste faide. Le ho lette sui giornali, esattamente come lei. Non ne ho mai parlato con mio padre, sono cose che disconosce anche lui”.