Non bastavano le condanne pesanti. Adesso lo Stato si riprende anche ciò che la ‘ndrangheta aveva accumulato negli anni con affari illeciti e controllo del territorio. Colpisce il portafoglio dei clan. È questo il senso della confisca dei beni disposta dal giudice nel maxi processo Maestrale: smontare pezzo per pezzo l’impero economico dei clan vibonese.
La confisca, ai sensi degli articoli 240 e 240 bis del codice penale, colpisce immobili, aziende, conti bancari, buoni fruttiferi, veicoli e persino attività di ristorazione. Non un simbolo: una sottrazione concreta di ricchezza e potere.
Un impero in frantumi: dai supermercati ai lidi balneari
Il dispositivo include la confisca dell’intero capitale sociale e del compendio aziendale della A.F.S. Investment S.r.l., con sede a Nicotera, attiva nel settore della distribuzione alimentare, titolare di punti vendita riconoscibili sotto l’insegna “ISSIMO Sisa“. La società possedeva anche una flotta di veicoli (tra cui Fiat Punto, autocarri Ford e Mercedes) e conti correnti con saldi complessivi superiori a 27.000 euro, secondo quanto indicato nella documentazione allegata al fascicolo processuale.
Sono inoltre sottoposte a confisca altre ditte individuali operanti nel settore turistico e della ristorazione, tra cui: Takacsova Klaudia, con sede a Nicotera Marina, Buccafusca Isidoro, esercente un bar sul lungomare, Il lido “Il Delfino” intestato a Giuseppe Dimasi. Tutte le attività sono, nel provvedimento, ritenute “di fatto riferibili a Francesco Mancuso”, sulla base degli elementi valutati dal giudice.
Immobili e quote di fabbricati: la ricostruzione del giudice
In particolare, tra i beni confiscati figurano tre quote da un terzo ciascuna del diritto di proprietà su un fabbricato in costruzione di circa 100 metri quadri, sito in Nicotera Marina, località Gagliardi, formalmente intestato ad Alessio Natale, Francesco e Simone Cupitò, ma ritenuto nella titolarità effettiva, secondo il giudice, di Domenico Cupitò. L’accertamento, si precisa nel provvedimento, è stato condotto “sulla base di evidenze documentali e dichiarative raccolte durante il procedimento”.
Milano e oltre: confische anche al Nord
Il provvedimento ha effetti anche su soggetti economici con sede fuori dalla Calabria, in particolare a Milano e Marcellinara. Tra le realtà interessate: ITTIPESCA S.r.l., attiva nella distribuzione all’ingrosso di prodotti alimentari, con sede in Lombardia; la ditta individuale Peluso Lucia, operante nel settore della ristorazione a Milano; la ditta Fiorin Fiorello di Capua Elisabetta, specializzata nella vendita al dettaglio di fiori e piante; la società EL-SA GROUP S.r.l.s., con sede in provincia di Catanzaro.
Anche in questi casi, la confisca ha riguardato veicoli aziendali, conti correnti bancari, carte di credito e capitali sociali, ritenuti strumentali all’attività illecita descritta nei capi d’imputazione.
Restituzioni, distruzioni, distrazioni: la parte finale del dispositivo
Il dispositivo prevede anche misure accessorie: la confisca e successiva distruzione dei bilancini di precisione, la trasmissione delle armi sequestrate alla Direzione di Artiglieria dell’Esercito, nonché la restituzione agli aventi diritto di beni ritenuti estranei al fatto, come telefoni cellulari, chiavi, effetti personali, e — nel caso specifico di Antonio Accorinti — la somma di 1.500 euro sequestrata in data 10 maggio 2023.
Una confisca “finalizzata a disarticolare l’apparato economico”
Secondo la ricostruzione operata dal giudice, l’apparato economico e imprenditoriale oggetto di confisca era funzionale al mantenimento dell’organizzazione criminale contestata, e “finalizzato alla gestione, movimentazione e occultamento di capitali illeciti”. La misura si inserisce in una strategia che mira a interrompere la continuità economica delle attività mafiose, colpendo le strutture imprenditoriali attraverso le quali, secondo l’accusa, la criminalità organizzata ha tentato di radicarsi nel tessuto legale e commerciale.
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