19 Aprile 2025
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Calabria

Processo “Xenia”, la Cassazione ritiene infondati i ricorsi di Lucano e della Procura generale di Reggio

La Corte d'Appello aveva ritenuto inutilizzabili le intercettazioni registrate delle fiamme gialle su richiesta della Procura di Locri. Valutazione condivisa anche dalla Suprema Corte

«Il ricorso del Procuratore generale presso la Corte di appello di Reggio Calabria è in parte inammissibile per genericità e in parte va rigettato perché proposto con motivi infondati», così come «il ricorso proposto nell’interesse di Domenico Lucano va rigettato perché proposto con motivi infondati e, in parte generici». È quanto scrive la Corte di Cassazione, rigettando i ricorsi presentati dall’accusa e dalla difesa, nelle motivazioni della sentenza del processo «Xenia» concluso, in via definitiva, il 12 febbraio scorso con la conferma della sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria che, nell’ottobre 2023, aveva condannato il sindaco di Riace Mimmo Lucano a 18 mesi di reclusione, con pena sospesa, per un falso relativo a una delle 57 delibere che gli erano state addebitate dall’accusa in una indagine sulla gestione dell’accoglienza dei migranti a Riace.

Le accuse

In primo grado Lucano era stato ritenuto il promotore di un’associazione a delinquere finalizzata alla truffa e a tutta una serie di presunti illeciti nella gestione dell’accoglienza dei migranti a Riace. Per questo motivo era stato condannato a 13 anni e 2 mesi di carcere poi ridotti a 18 mesi in secondo grado dalla Corte d’Appello che ha ritenuto inutilizzabili le intercettazioni registrate dalla guardia di finanza su richiesta della Procura di Locri. Valutazione, questa, condivisa dalla Cassazione che, richiamando una sentenza della stessa Suprema Corte, ha spiegato che «le intercettazioni dovranno essere dichiarate inutilizzabili; per effetto però non di una mutata ‘qualificazione giuridica del fatto ma dell’errore commesso dal giudice al momento del decreto autorizzativo».

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