20 Maggio 2025
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Morbo di Alzheimer, ricercatori individuano altri 16 geni collegati al rischio di sviluppare la malattia

La ricerca è stata condotta dagli scienziati del Massachusetts General Hospital di Boston. Adesso si punta ad effettuare nuove analisi su vasti gruppi etnici e sulle varianti più rare dei geni

Grazie ad una vasta analisi del Dna di più di 49mila persone di etnie diverse, sono stati scoperti altri 16 geni legati al rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer, la più comune forma di demenza: il risultato è pubblicato sulla rivista Alzheimer’s & Dementia dal gruppo di ricerca del Massachusetts General Hospital di Boston guidato da Julian Daniel Sunday Willett. La scoperta apre a diagnosi sempre più precoci e all’individuazione di nuovi bersagli terapeutici per colpire la malattia.

Metà dei partecipanti appartiene ad etnie diverse da quella europea

Il maggior punto di forza dello studio sta nel fatto che circa metà dei partecipanti appartiene a etnie diverse da quella europea: ciò permette di comprendere meglio anche quelle popolazioni e quei gruppi solitamente sottorappresentati nelle ricerche. Infatti, sebbene siano già stati individuati molti geni associati all’Alzheimer, poche ricerche hanno riguardato persone di origini non europee.
Tra gli oltre 49mila individui, 12mila circa hanno ricevuto una diagnosi di malattia mentre gli altri 37mila sono a rischio a causa della loro storia familiare. Grazie a questo ampio campione, i ricercatori hanno individuato 16 geni che finora non erano stati collegati al rischio di questo disturbo, e puntano ora ad effettuare nuove analisi su gruppi ancora più vasti e sulle varianti più rare di tali geni.
“Siamo rimasti piacevolmente sorpresi di aver fatto questa scoperta espandendo le analisi genetiche dalle popolazioni di origine europea ad altre diverse”, commenta Rudolph Tanzi, tra gli autori dello studio. “Ci auguriamo che ciò porti a previsioni più accurate del rischio di Alzheimer – aggiunge il ricercatore – e a nuovi obiettivi farmacologici e biologici per il trattamento e la prevenzione in diverse popolazioni”. (ANSA)

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