Un accordo storico per la “prima fase” della sospensione dei combattimenti tra Israele e Hamas è stato raggiunto, con l’ex (e potenziale futuro) presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, a rivendicarne il ruolo di artefice. L’annuncio è arrivato sul suo social media Truth, segnando un drammatico colpo di scena diplomatico, proprio in concomitanza con il secondo anniversario dell’inizio della campagna militare israeliana a Gaza (dopo l’attacco del 7 ottobre 2023).
“Sono molto orgoglioso di annunciare che Israele e Hamas hanno entrambi firmato la prima fase del nostro piano di pace,” ha scritto Trump, anticipando che “tutti gli ostaggi saranno rilasciati molto presto” e che Israele “ritirerà le sue truppe secondo una linea concordata, come primo passo verso una pace forte e duratura.”
L’imminenza dell’intesa era stata preannunciata da un dettaglio rivelatore: il Segretario di Stato Marco Rubio aveva consegnato un bigliettino a Trump durante un tavolo rotonda, chiedendo l’autorizzazione per il post che avrebbe consentito al tycoon di annunciare per primo la svolta a Gaza. Trump, atteso in Medio Oriente nel weekend, ha ringraziato i mediatori Qatar, Egitto e Turchia.
Ritiro, rilascio e dettagli chiave del piano
La “prima fase” è centrata sul rilascio di almeno 20 ostaggi israeliani ancora vivi, un processo che si attiverà dopo il ritiro delle truppe Idf (Forze di Difesa Israeliane). Un alto funzionario della Casa Bianca ha specificato alla CNN che, una volta approvato il piano dal parlamento israeliano, il ritiro dovrebbe avvenire in meno di 24 ore, seguito da un periodo di 72 ore per il rilascio degli ostaggi. Sebbene il funzionario abbia indicato lunedì come data più probabile per l’inizio del rilascio, altre fonti non escludono che possa avvenire già sabato o domenica.
Hamas ha confermato l’accordo, sottolineando che esso “determina la fine della guerra a Gaza, il ritiro dell’Idf, l’ingresso di aiuti e lo scambio di prigionieri,” ma ha anche esortato Trump a fare pressione su Israele affinché rispetti i termini. Un punto di frizione noto riguarda lo scambio di prigionieri: secondo la BBC, Israele ha respinto la richiesta di Hamas di rilasciare il controverso leader palestinese Marwan Barghouti.
Le reazioni e il ruolo futuro degli Usa
La notizia ha scatenato la gioia a Gaza e tra le famiglie degli ostaggi. Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha commentato: “Con l’aiuto di Dio, riporteremo tutti a casa,” convocando immediatamente il parlamento per l’approvazione e parlando al telefono con Trump.
Il presidente americano ha anche delineato un ruolo futuro per gli Stati Uniti, dichiarando a Fox News che contribuiranno alla ricostruzione di Gaza e al mantenimento della pace. “Saremo coinvolti nell’aiutarli a raggiungere il successo e a mantenere la pace,” ha affermato Trump, esprimendo fiducia in una “pace in Medio Oriente”. Ha inoltre anticipato che gli ostaggi e i “corpi di quelli morti” (un totale stimato in 47 ostaggi ancora a Gaza, di cui 25 ritenuti morti) potrebbero rientrare già lunedì.
A riprova del suo coinvolgimento, Trump ha confermato ad Axios che intende accettare l’invito di Netanyahu a tenere un discorso alla Knesset. La sua potenziale visita in Israele all’inizio della prossima settimana è un ulteriore segnale dell’importanza attribuita a questa mossa diplomatica.
Prospettiva storica e bilancio umanitario
Questo accordo arriva due anni esatti dopo che Israele ha lanciato la sua campagna in risposta all’attacco di Hamas che uccise circa 1.200 persone e ne rapì 251. Da allora, le operazioni militari israeliane hanno causato la morte di almeno 67.183 persone a Gaza, tra cui 20.179 bambini, secondo il ministero della Salute palestinese. L’attuazione di questo accordo è cruciale per la riduzione delle tensioni e per un potenziale, seppur fragile, cammino verso una soluzione a lungo termine.


