13 Maggio 2025
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La Vibo “rossa” è già nella tempesta: i quattro passaggi chiave della delegittimazione del sindaco Romeo

Il primo cittadino sempre più ostaggio della sua maggioranza, il caso del segretario generale voluto dal centrodestra e il sospetto sui voti disgiunti. La luna di miele è già finita?

Continua l’opera di delegittimazione del sindaco Romeo da parte delle forze politiche a lui più vicine, Progetto Vibo e Partito Democratico. Un percorso caratterizzato fin qui da quattro passaggi chiave: la posizione critica assunta in occasione della nomina del capo di gabinetto dagli assessori del Pd Soriano e Continanza e dal capogruppo consiliare Colelli; l’abbandono della lista “Progetto Vibo” da parte di tre consiglieri comunali, Mellea, Grimaldi e Schiariti, che hanno dato vita al nuovo gruppo dei “Democratici e riformisti”; il successivo annuncio, da parte dei componenti del neonato gruppo, del loro appoggio esterno alla maggioranza; infine le dichiarazioni di Colelli in relazione alla circostanza, che se effettivamente “Democratici e riformisti” dovesse dare seguito all’annunciato appoggio esterno alla maggioranza, in quel caso dovranno essere tutte le forze che la compongono a condividerlo. Tradotto in parole crude, l’assunto del capogruppo del PD significa che Romeo sul punto non avrà autonomia decisionale.

Una debolezza originaria

Di fronte a tutto questo, sorge spontaneo chiedersi come abbia fatto Romeo, in così poco tempo dall’insediamento, a porsi in una condizione tale da farsi dire cosa possa o non possa decidere. Riteniamo che il punto di partenza del descritto “percorso di delegittimazione” debba essere individuato nella metodologia adottata da Romeo per la formazione dell’esecutivo. Egli – invece di sfruttare l’indubbia posizione di forza che gli avevano conferito gli elettori rispetto alle forze politiche della coalizione progressista per ritagliarsi un ruolo di autonomia decisionale e mantenere fede alle promesse fatte ai cittadini vibonesi – ha lasciato mano libera alle stesse, facendosi imporre nominativi e percorsi in perfetta sintonia con le linee guida del famoso “Manuale Cencelli”.

Una dimostrazione di debolezza colta al volo dalle varie componenti della sua coalizione per conseguire i propri tornaconti politici, fatto, questo, che non deve scandalizzare, ma che non ha nulla a che vedere con gli impegni che Romeo aveva assunto con gli elettori ed i cui punti principali erano: 1) porre al primo posto gli interessi della collettività; 2) un netto cambio di passo rispetto al modus operandi del suo predecessore.

Il mancato cambio di passo

Se la debolezza iniziale dimostrata da Romeo può spiegare perché oggi il sindaco non si trova nelle condizioni di gestire gli appetiti della sua maggioranza e gli interessi collettivi non occupano il posto privilegiato promesso, la stessa non è però utilizzabile per fornire una risposta adeguata alla mancata realizzazione dell’altro punto cardine del suo programma, ossia il netto cambio rispetto al precedente esecutivo di centrodestra. È di tutta evidenza che un proposito del genere non si può perseguire mantenendo nel posto apicale dell’apparato burocratico-gestionale del comune un segretario generale scelto dal centrodestra. Ma quando mai si è visto che un’amministrazione progressista, guidata da un sindaco con in tasca la tessera del PD, che promette stravolgimenti epocali rispetto al precedente esecutivo, come primo atto non proceda alla rimozione del marchio di fabbrica del centrodestra? Ovviamente il problema è politico e non attiene alle capacità professionali del soggetto interessato, ed in quanto tale merita di essere affrontato.

I sospetti sui voti disgiunti

In questa ottica, di fronte ad un comportamento fuori da ogni logica politica, diventa lecito chiedersi se questa situazione anomala abbia qualcosa a che vedere con quei famosi voti disgiunti, utilizzati in maniera scientifica a danno di Cosentino e Muzzopappa, che hanno consentito a Romeo prima di partecipare al ballottaggio e poi di conquistare il comune. Per comprendere meglio le ragioni dei nostri dubbi occorre fare un passo indietro e ricordare che i padri padroni dell’esecutivo Limardo, che ha nominato l’attuale segretario generale, erano Mangialavori e Pitaro, i quali, in occasione delle ultime consultazioni comunali, erano schierati rispettivamente a sostegno di Cosentino e Muzzopappa, candidati entrambi penalizzati dal voto disgiunto.

Per completare il quadro va detto che anche oggi, per come già avvenuto in occasione della candidatura di Mangialavori a senatore, gli interessi politici di quest’ultimo e di Pitaro appaiono sovrapponibili e si pongono in antitesi a quelli di Comito e Daffinà, politici, questi ultimi, che avrebbero rafforzato la propria posizione nel caso in cui Cosentino fosse diventato sindaco. Sul punto non vogliamo trarre conclusioni, ritenendo giusto che siano i lettori ad effettuare le proprie valutazioni.

Il nodo della gestione della maggioranza

Ritornando alla posizione di Romeo, occorre chiedersi se il primo cittadino sarà capace di gestire le attuali tensioni in seno alla maggioranza oppure la situazione sarà destinata a sfuggirgli completamente di mano. L’atteggiamento di netta chiusura adottato nei confronti dei “Democratici e riformisti” e le perentorie affermazioni relative al fatto che non ci saranno variazioni negli attuali equilibri tra le forze di maggioranza, sono in netto contrasto con i criteri usati in occasione della formazione dell’esecutivo. In quella circostanza gli assessorati e la presidenza del consiglio comunale vennero ripartiti tra le forze di maggioranza con un bilancino di precisione, tenendo conto della consistenza numerica dei rispettivi gruppi consiliari.

Sulla scorta di questo criterio, al nuovo gruppo di assessori ne spetterebbero non uno, bensì due; ovviamente il sindaco, nella sua piena autonomia decisionale, – che qualcuno però, all’interno della maggioranza, per come evidenziato, non sembra più disposto a riconoscergli – può decidere di cambiare i criteri precedentemente adottati, ma le “nuove norme” devono valere per tutti, non solo per i “Democratici e riformisti”. A noi sembra che la strada intrapresa dal sindaco, più che condurre verso una distensione dei rapporti tra le forze di maggioranza, stia esacerbando gli animi poiché nessuno è disposto ad accettare immotivati trattamenti discriminatori.

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