Continuano senza sosta le scaramucce tra i componenti dell’esecutivo Romeo e quelli dell’ex maggioranza guidata dal sindaco Limardo. Una specie di gara per la conquista della palma del migliore, ma che nella sostanza finisce con l’evidenziare come le problematiche che attanagliano la città non abbiano trovato alcuna soluzione né durante il precedente quinquennio né in questo primo scorcio di consiliatura.
Le posizioni sono ben cristallizzate: gli attuali amministratori sostengono che il netto cambio di passo rispetto al passato, promesso in campagna elettorale, non sia ancora emerso con chiarezza poiché tutte le energie sono assorbite dallo sforzo di porre rimedio ai disastri ereditati dai loro predecessori; quest’ultimi, al contrario, ritengono di aver lasciato una città in piena salute, brulicante di opere pubbliche cantierizzate, le quali tardano a giungere a compimento per l’insipienza dei nuovi inquilini di palazzo Razza.
Trasparenza amministrativa e antichi vizi
Stante queste posizioni antitetiche, è opportuno effettuare alcune puntualizzazioni al fine di riportare il tutto sui giusti binari.
Tutti coloro che seguono le vicende politico-amministrative comunali sono perfettamente coscienti del totale fallimento del sindaco Limardo e della sua amministrazione, riteniamo pertanto che il problema di Romeo e dei suoi uomini non sia quello di conseguire risultati superiori rispetto a chi li ha preceduti – se ti confronti con amministratori che hanno realizzato meno che zero è facile fare meglio – bensì quello di alzare l’asticella ad un livello tale da incidere in maniera significativa sulla qualità della vita dei cittadini.
In tal senso, segnali interessanti non se ne sono registrati, anzi, al contrario, si sta assistendo ad un preoccupante bis in idem rispetto al modus operandi dell’esecutivo Limardo, soprattutto in fatto di trasparenza amministrativa.
Il famoso bando dai requisiti cuciti addosso ad un ben determinato personaggio e, ancor peggio, il reiterato tentativo di sistemare lo stesso individuo nell’istituito staff del sindaco, rappresentano un pessimo biglietto da visita.
Populismo e consenso fragile
C’è inoltre da augurarsi che nessun addetto ai lavori creda di poter alzare “l’asticella” dell’efficienza amministrativa attraverso tarantelle, zeppolate o boccali di birra; se così dovesse essere diventerebbe ancor più complesso porre rimedio all’altra problematica con la quale questa maggioranza è costretta a fare i conti: la scarsa fiducia tributata dai vibonesi alle forze progressiste scese in campo a sostegno di Romeo.
Questo dato di fatto ha generato una palese anomalia, consistente nella circostanza che il comune di Vibo è amministrato da una maggioranza politica che ha ottenuto dagli elettori solamente un risicato 27% di consenso a fronte del 70% ottenuto dalle forze di minoranza nel loro complesso.
Le due tematiche, per come è facilmente intuibile, sono strettamente connesse e la soluzione della prima (migliorare la qualità di vita dei vibonesi) non potrà che incidere positivamente anche sulla seconda.
Lotte interne e strategie politica
In attesa degli sviluppi, occorre interrogarsi sulle circostanze che hanno determinato una situazione così sui generis. In questo contesto bisogna riconoscere l’importanza del ruolo avuto da Romeo ed attribuire i giusti meriti a coloro i quali, all’interno della coalizione, sono stati irremovibili nel sostenerne la candidatura.
Con altrettanta chiarezza, bisogna però aggiungere che la stima di cui godeva l’attuale primo cittadino da sola non sarebbe mai stata sufficiente a porlo sul gradino più alto di palazzo Razza.
Riteniamo di non sbagliare nell’attribuire alle diatribe interne a Forza Italia la causa primaria della perdita del comune da parte della coalizione di centrodestra.
La situazione creatasi all’epoca in questo partito è ben nota: da un lato l’On. Mangialavori che spingeva per la ricandidatura della Limardo, dall’altro Michele Comito e Tonino Daffinà che puntavano sulla figura di Cosentino.
Da questa spaccatura son venuti fuori quei voti disgiunti a favore di Romeo che gli hanno consentito dapprima di accedere al turno di ballottaggio ed in seguito di aggiudicarsi la sfida col candidato del centrodestra.
Il ruolo di Mangialavori e la manovra elettorale
Questo nostro convincimento è autorevolmente supportato anche dalle dichiarazioni rilasciate dal candidato a sindaco del polo di centro, l’avv. Franco Muzzopappa, il quale, nel commentare i risultati del primo turno che decretarono la sua esclusione dal ballottaggio, sostenne che qualcuno, all’interno della coalizione di centrodestra, si era scelto il candidato a sindaco con il quale far confrontare Cosentino.
Va precisato però che, pur giungendo alle stesse conclusioni, le valutazioni di Muzzopappa divergono dalle nostre su un punto derimente della questione: il voto disgiunto è stato indirizzato a favore di Romeo non per favorire la vittoria di Cosentino, ma con l’intento opposto, essendo noto – Muzzopappa non ce ne voglia – che Romeo al ballottaggio avrebbe avuto maggiori chances di vincere rispetto al candidato del terzo polo.
Le conclusioni finali
A questo punto bisogna avere il coraggio di dare una risposta alla domanda che in tanti si sono posti: chi e perché all’interno della coalizione di centrodestra, o meglio di Forza Italia, aveva interesse a far perdere il proprio candidato?
Per comprendere appieno la vicenda, i fatti devono essere collocati necessariamente in un contesto più ampio rispetto a quello comunale, contesto nel quale far rientrare la designazione dei candidati alle prossime consultazioni per il rinnovo del Consiglio regionale ed al Parlamento nazionale. Le due competizioni elettorali, pur non essendo dietro l’angolo, per i tempi della politica è come se lo fossero e pertanto non bisogna meravigliarsi se i giochi sotterranei e le strategie segrete per accaparrarsi un posto in paradiso abbiano condizionato l’esito delle elezioni comunali. Da quanto appena detto, appare chiaro che Comito e Daffinà non avevano alcun interesse a far perdere Cosentino, poiché la sua affermazione avrebbe rafforzato le rispettive aspirazioni. Discorso opposto va fatto con riferimento a Mangialavori, per il quale, già soccombente in relazione alla scelta del candidato a sindaco, l’eventuale vittoria di Cosentino avrebbe rappresentato un ulteriore indebolimento che, al momento opportuno, non gli avrebbe consentito di avere voce in capitolo sulle future candidature alla regione ed al parlamento
Chiarito e riportato tutto sui giusti binari, è ora possibile trarre le seguenti conclusioni: chi parla di vittoria delle forze progressiste (27%) sostiene una grossissima castroneria; l’elettorato vibonese è sostanzialmente di centrodestra tant’è che, nonostante la sciagurata esperienza Limardo, il candidato proposto da Comito e Daffinà avrebbe probabilmente vinto se all’interno di Forza Italia qualcuno non avesse avuto interesse a giocare a perdere; la conferma che Mangialavori non è un leader politico, essendosi dimostrato, anche in questa circostanza, pavido e senza carisma. Invece di affrontare a viso aperto Comito e
Daffinà, battendo i pugni sul tavolo in difesa del sindaco uscente e della propria scelta, ha
abbandonato la Limardo al proprio destino, costringendola ad un umiliante passo indietro, optando per una maramaldesca pugnalata alle spalle ai suoi due antagonisti, da infliggere nella penombra della cabina elettorale.