Sibaritide, Palmi, Vibo Valentia: tre nomi, tre promesse di nuovi ospedali che la Calabria attende da oltre 18 anni. Nel materiale illustrativo ufficiale della Regione Calabria, la situazione è sintetizzata con l’espediente visivo di “ieri, oggi e domani”: lo stato iniziale, la fase attuale dei lavori, e il progetto futuro. Ma tra le foto dei cantieri e i rendering grafici si insinua la disillusione di migliaia di calabresi.
Il caso simbolo: l’Ospedale della Sibaritide
Tra i progetti più chiacchierati degli ultimi anni, l’Ospedale della Sibaritide è forse il simbolo più eloquente delle difficoltà calabresi a trasformare in realtà le promesse sanitarie. La slide regionale mostra tre momenti distinti: “ieri”, con immagini che suggeriscono l’inizio di un sogno; “oggi”, con l’avanzamento dei cantieri visibile ma lontano dall’essere completato; e un “domani” ipotetico, fatto di rendering architettonici e prospettive digitali. Un iter iniziato anni fa, rallentato da ricorsi, contenziosi, revisioni progettuali, ora riprende quota ma resta ancora senza una data certa di apertura.

Palmi: il cantiere c’è, ma il traguardo è lontano
Per il nuovo ospedale di Palmi, la Regione fotografa un oggi ancora in fase embrionale. Il cantiere esiste, ma le opere visibili sono minime. Il “domani” è nuovamente affidato a un’immagine renderizzata, segno che il progetto, seppur approvato, non ha ancora raggiunto uno stato avanzato di realizzazione. Questo ospedale dovrebbe servire un’ampia fascia della Piana di Gioia Tauro, ma ad oggi resta una speranza disegnata su carta.

Vibo: le prime pietre di ieri e l’incognita del domani
Ancora più emblematico è il caso dell’ospedale di Vibo Valentia. Le immagini mostrano un “ieri” che coincide con l’attuale struttura, datata e insufficiente; un “oggi” che, a giudicare dalla documentazione visiva, offre dei progressi; e un “domani” che – come negli altri casi – è affidato a un progetto grafico, con render spettacolari ma nessun dettaglio tecnico sui tempi di realizzazione.

Comunicazione visiva, ma poche certezze
Il documento della Regione Calabria punta tutto sulla comunicazione per immagini. La triade “ieri-oggi-domani” è efficace sul piano narrativo, ma non fornisce grandi certezze offrendo per il momento una sanità in costruzione, spesso più promessa che realtà. Mentre la Regione Calabria cerca di mostrare i passi avanti, la percezione pubblica resta ancorata a un presente di disservizi, migrazioni sanitarie, reparti sovraffollati e ospedali vecchi, spesso inadatti a sostenere un’assistenza moderna ed efficiente.
Scatta la fase due: vigilanza antimafia sui cantieri ospedalieri
Nonostante tutto ora, qualcosa oggettivamente sembra muoversi. E si parla di “tolleranza zero”. Dopo anni di attese e proroghe, parte la fase operativa della vigilanza antimafia sull’intero iter di realizzazione delle nuove strutture sanitarie calabresi. La svolta arriva grazie a un’ordinanza della Protezione Civile, richiesta dal presidente-commissario Roberto Occhiuto, che affida al Ministero dell’Interno un compito chiave: impedire le infiltrazioni mafiose negli appalti per ospedali e infrastrutture sanitarie.
A guidare la nuova sfida è il prefetto Paolo Canaparo, direttore della Struttura di prevenzione antimafia del Viminale, oggi in Cittadella regionale a Catanzaro con Occhiuto e la sottosegretaria all’Interno Wanda Ferro per un tavolo tecnico con prefetti, questori, Dia, carabinieri, Guardia di Finanza, sindacati e imprese: la Calabria si prepara, almeno sulla carta, a blindare i propri cantieri sanitari.
Una task force per costruire in sicurezza
Il nuovo approccio è improntato alla rigidità operativa e alla prevenzione sistemica. Tra le misure annunciate: una task force anticriminalità permanente; utilizzo delle white list per le imprese affidatarie; premi di premialità per chi rispetta o anticipa i cronoprogrammi; possibile impiego di ingegneri del genio militare per supportare i Rup nei cantieri più critici.
Ma il perno della strategia è il lavoro della Struttura del Viminale, già impegnata nei Giochi Olimpici Milano-Cortina 2026 e nella ricostruzione post-sisma, adesso chiamata a difendere i cantieri calabresi dall’ombra lunga della ‘ndrangheta.
Come funzioneranno i controlli
La procedura prevede due fasi di controllo antimafia. La prima è una verifica preliminare rapida (informativa liberatoria “speditiva”) per iscrivere l’impresa in Anagrafe nazionale, grazie alla collaborazione della DIA. La seconda è più profonda: i prefetti effettuano verifiche approfondite per scovare tentativi di infiltrazione mafiosa. Se emergono criticità, può scattare: interdittiva antimafia; prescrizione di misure correttive (art. 94-bis Codice Antimafia); cancellazione dell’impresa dall’Anagrafe.
La Struttura può anche disporre controlli a campione o mirati, sulla base di segnalazioni, analisi della DIA o del Gruppo interforze centrale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Inoltre, coordinerà direttamente accessi ispettivi nei cantieri per verificare la regolarità dei lavori.
La sfida vera
Questa operazione di vigilanza rafforzata è un banco di prova per la Regione Calabria e per lo Stato. Da un lato c’è la necessità di realizzare strutture moderne, capaci di contenere la migrazione sanitaria e offrire cure dignitose. Dall’altro, l’urgenza di difendere i soldi pubblici dagli appetiti criminali, in un territorio dove la ‘ndrangheta è da sempre interessata a intercettare appalti milionari.
Il modello calabrese appare solido sulla carta. Ma resta una domanda cruciale: quando apriranno davvero gli ospedali? Sulla carta, si parla di celerità, di cronoprogrammi da rispettare, e di premi alle imprese virtuose. Ma nella realtà, le ruspe non bastano più: servono tempi certi, personale, strumentazione, organizzazione. E soprattutto, serve fiducia.