Reduce da un ricovero per sospetta ischemia all’ospedale di Polistena, Klaus Davi rompe il silenzio con un’intervista al Corriere della Sera, rilasciata direttamente da San Ferdinando, nel cuore del territorio dei Bellocco, dove si trovava per incontrare esponenti della famiglia.
“Il mio modo di fare antimafia non ha nulla a che vedere con quello tradizionale”
“Il mio modo di fare antimafia non ha nulla a che vedere con quello tradizionale”, spiega. “Non mi metto in nessun sottoscala, se non in quello degli ’ndranghetisti, magari per origliare cosa dicono, cosa che ho fatto in alcune occasioni”. Parlando dell’inchiesta sugli Ultras, Davi sostiene che la vicenda potrà risolversi solo cambiando prospettiva, “guardando da Sud a Nord e non viceversa”. Critica apertamente l’impostazione del dibattito pubblico: “Non bisogna confondere il ruolo della Lombardia con un sancta sanctorum, la vera matrice culturale e liturgica del fenomeno va cercata in Calabria“.
Il giornalista rivendica un approccio diretto e non mediato
Il giornalista rivendica un approccio diretto e non mediato: “Non c’è nulla di più rivoluzionario oggi che andare fisicamente nei posti, in un mondo dove tutto è burocratico, digitale, gestito dall’alto“. Davi ha anche parlato di un incontro tentato con ‘U Zoppu’, figura centrale dell’inchiesta milanese e indagato per cui la Procura di Milano ha chiesto l’arresto (richiesta rigettata dal Gip): “Incontrarlo non è una passeggiata, si alza all’alba ed è imprendibile. Ma stando lì dalle 5 di mattina di domenica ho calcolato che almeno potevo filmare qualcosa“.
“C’è una deferenza assoluta verso certe figure del Sud”
Infine, lancia una riflessione sul ruolo delle famiglie calabresi nel tifo organizzato: “Confinare gli eventi delle curve a Milano è riduttivo. Io so come le vivono giù, perché alle riunioni degli Ultras dell’Inter ci sono stato: c’è una deferenza assoluta verso certe figure del Sud”.