Si è chiusa oggi, nell’aula bunker di Lamezia Terme, la discussione delle difese nel filone principale di Rinascita Scott, il maxi processo che da anni racconta e seziona i rapporti di forza, le alleanze sotterranee e la geografia criminale della ’ndrangheta vibonese.
A tirare giù la serranda dell’ennesima udienza fiume – l’ultima prima del deliberato finale – sono stati gli avvocati Salvatore Staiano e Alessandro Diddi, che hanno completato il mosaico delle arringhe difensive davanti alla Corte d’Appello di Catanzaro.
Sul tavolo della Corte pesa ora come un macigno un nuovo documento: una memoria da 1080 pagine depositata dalla Procura generale, firmata dal sostituto procuratore generale Luigi Maffia e dai pm antimafia Annamaria Frustaci e Antonio De Bernardo, che ricalibra, approfondisce e ribadisce il cuore dell’impianto accusatorio. Il conto alla rovescia ora è scandito da una sola data: giovedì 18 dicembre, quando verrà letto il dispositivo della sentenza d’appello. Una tappa cruciale del secondo capitolo giudiziario del processo.
La memoria della Dda: un’enciclopedia della ’ndrangheta vibonese
La memoria della Dda si presenta come una vera e propria enciclopedia giudiziaria: centinaia di pagine che, capitolo dopo capitolo, ricostruiscono la struttura, le regole, le gerarchie e i riti dell’organizzazione mafiosa del Vibonese.
La parte iniziale è interamente dedicata alla figura del boss Luigi Mancuso: la “ndrangheta unitaria”, il ruolo riconosciuto nel primo grado, il raccordo fra la cosca di Limbadi e i livelli superiori, fino alla complessa questione della “dipendenza da Polsi”. Un percorso che intreccia le motivazioni della sentenza di primo grado, le risultanze del procedimento “Dedalo-Petrolmafie”, le intercettazioni, i riscontri dei collaboratori, e le pagine più controverse sull’influenza spirituale e disciplinare del santuario reggino sulle articolazioni vibonesi.
Il cuore pulsante della memoria è però il lunghissimo Capitolo 2, che attraversa uno per uno i racconti dei collaboratori di giustizia. Un viaggio che parte da Accorinti, prosegue con Onofrio Barbieri, scava nelle dichiarazioni di Fortuna Francesco Salvatore e dei tanti pentiti che da Andrea Mantella fino ad Emanuele Mancuso hanno riempito le udienze di dettagli, riconoscimenti fotografici, riscontri e nuove piste interpretative. Ogni posizione individuale viene sezionata, confrontata, integrata con i verbali, gli audio delle intercettazioni, gli atti depositati e le sentenze collegate. Un lavoro mastodontico che punta a restituire alla Corte una mappa coerente della struttura criminale e del contributo dei singoli imputati.
La zona grigia e i nodi politici: il capitolo Pittelli
Tra i capitoli più attesi – e più sensibili – c’è quello dedicato alla posizione dell’avvocato Giancarlo Pittelli, figura ponte fra politica, professioni e, secondo l’accusa, ambienti massonici ufficiali e “coperti”. La memoria della Dda insiste su un quadro articolato:
le presunte relazioni con gli ambienti della cosca Mancuso, l’appoggio elettorale del 2006, i rapporti riferiti da più collaboratori, il nodo delle logge massoniche e i passaggi più delicati sulle presunte “intermediazioni” in grado di avvicinare magistrati o orientare processi. Nei sui confronti la Procura generale ha chiesto in appello una condanna più alta rispetto al primo grado: 14 anni contro gli 11 inflitti dal Tribunale di Vibo.
I segmenti territoriali e la geografia delle cosche
La Dda dedica pagine dense anche ai territori che compongono la costellazione mafiosa vibonese: Sant’Onofrio, San Gregorio d’Ippona, Zungri, Piscopio, la città di Vibo Valentia. La memoria rilegge intercettazioni, rapporti dei carabinieri, monitoraggi ambientali, episodi di intimidazione e strutture di potere. Nomi come Bonavota, Accorinti, Lo Bianco, Razionale si susseguono tra attività criminali trasversali e intrecci con pubbliche amministrazioni e professioni. Il maxi processo, insomma, torna a mostrare la sua natura originaria: una radiografia a campo largo di una provincia profondamente condizionata da poteri paralleli e relazioni opache.
La maratona dell’accusa: 70 ore di requisitoria
Solo poche settimane fa, dopo mesi di udienze, la Procura generale aveva chiuso una requisitoria-monstre durata dieci udienze, oltre 70 ore di discussione.
Al termine, sono state invocate 209 condanne, con richieste che vanno dai 30 anni per i boss del calibro di Saverio Razionale o Luigi Mancuso Luigi fino ai 14 anni per Pittelli, ai 20 anni per l’ex consigliere regionale Pietro Giamborino e alle rideterminazioni per decine di imputati. Nel frattempo, una parte del quadro si è già definita: 14 imputati hanno concordato pene rimodulate, mentre è stata confermata l’assoluzione dell’ex sindaco di Pizzo Gianluca Callipo.
Difese al lavoro fino al 17 dicembre, poi la parola alla Corte
Le difese avranno tempo fino al 17 dicembre per depositare repliche scritte. Poi, il giorno successivo, nell’aula bunker risuonerà l’annuncio che molti attendono da mesi:
la lettura del dispositivo della sentenza d’appello, che chiuderà il secondo grado del troncone ordinario di Rinascita Scott.




