La Conferenza Unificata, nella seduta del 18 dicembre, non esaminerà il primo provvedimento attuativo della legge Montagna 131/2025, relativo ai parametri per la riclassificazione dei Comuni montani. Le Regioni – in particolare quelle dell’Appennino, tra cui la Calabria, e alcune aree alpine – hanno chiesto un supplemento di analisi per evitare effetti distorsivi e paradossali.
Tra i casi emblematici citati emerge quello di Reggio Calabria, che rischierebbe di rientrare tra i Comuni parzialmente montani mentre altri territori storicamente montani potrebbero essere esclusi, generando confusione amministrativa e tensioni istituzionali.
Calabria osservata speciale: montagna diffusa e fragile
In Calabria, oltre il 40% dei Comuni presenta caratteristiche montane o collinari con forti criticità legate a spopolamento, dissesto idrogeologico, carenza di servizi e fragilità economica. Applicare parametri altimetrici e di pendenza uguali su scala nazionale, senza considerare fattori socioeconomici e infrastrutturali, rischia di svuotare di senso il concetto stesso di montagna nel Mezzogiorno.
Uncem ribadisce che equiparare Alpi e Appennini, Nord e Sud, è un errore strutturale che penalizza regioni come la Calabria, dove la montagna non è marginale ma ossatura territoriale.
Tre classificazioni diverse: rischio caos normativo
Dalla lettura dell’articolo 2 della legge 131/2025 emerge la presenza di una stratificazione di livelli di classificazione che rischia di complicare ulteriormente il quadro normativo.
Accanto a una classificazione generale dei Comuni montani, la legge introduce infatti una ulteriore selezione finalizzata all’accesso alle misure di sviluppo e valorizzazione, mentre restano in vigore le classificazioni attuali per ambiti fondamentali come PAC e IMU agricola. Un impianto articolato che, secondo Uncem, può tradursi in incertezza operativa e applicativa, soprattutto in territori complessi come quelli calabresi, dove molti Comuni già operano in una condizione amministrativa fragile e con risorse limitate.
Lavoro e imprese: nodo cruciale per i Comuni calabresi
Particolare attenzione viene posta al tema delle agevolazioni occupazionali previste dalla legge 97/1994, che consente alle imprese dei Comuni montani di assumere coltivatori diretti residenti senza oneri previdenziali.
Uncem avverte: modificare la classificazione senza salvaguardare questo impianto normativo significherebbe creare gravi danni a lavoratori e aziende, soprattutto in Calabria, dove l’economia agricola e stagionale rappresenta una leva di sopravvivenza per molti territori interni.
Regioni centrali nella programmazione: leva per la Calabria
L’articolo 4 della legge Montagna, istitutivo del Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane, attribuisce alle Regioni un ruolo decisivo nella programmazione e assegnazione delle risorse.
Un elemento che, per la Calabria, rappresenta una opportunità strategica, consentendo di indirizzare fondi anche oltre le classificazioni rigide, valorizzando Comunità montane, Unioni di Comuni e territori interni già riconosciuti a livello regionale.
Uncem: “No a nuove classificazioni, sì a politiche mirate”
Da oltre vent’anni Uncem sostiene che il Paese non ha bisogno di nuove classificazioni, ma di politiche differenziate e inclusive. Inserire o escludere Comuni come Reggio Calabria, Varazze, Cuneo o Biella sulla base di criteri uniformi viene definito assurdo e controproducente.
Uncem denuncia inoltre la mancata consultazione nella stesura del decreto e rilancia la necessità di dialogo istituzionale, chiedendo anche alle forze politiche regionali calabresi di lavorare in modo unitario per tutelare i territori montani.












