12 Novembre 2025
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Calabria

Transizione in stallo: la Calabria rischia di perdere oltre 7 miliardi e 21mila posti di lavoro entro il 2050

Il report dell’Osservatorio Rinnovabili AGICI stima un impatto economico e ambientale drammatico: miliardi di euro bruciati, 21mila posti in meno e consumi di gas destinati a salire

La transizione energetica resta una priorità strategica per l’Italia, ma il ritmo di crescita delle energie rinnovabili è ancora troppo lento per raggiungere gli obiettivi del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), che prevede 131 GW installati entro il 2030. È quanto emerge dal Rapporto Annuale 2025 dell’Osservatorio Rinnovabili (OIR) di AGICI, presentato oggi a Roma in occasione dell’Italian Renewables Investment Forum 2025, dal titolo “Quanto costa restare fermi? I Costi del Non Fare le rinnovabili”.

Secondo lo studio, il mancato raggiungimento degli obiettivi fissati dal PNIEC comporterebbe un costo complessivo di 137 miliardi di euro al 2050, equivalenti a oltre 5 miliardi di euro l’anno nel periodo 2025–2050.

Il peso per la Calabria: 7 miliardi di euro e 21mila posti a rischio

La ricerca dedica un focus regionale ai “costi del non fare”: in Calabria, dove il potenziale di sviluppo di fotovoltaico ed eolico è elevato, il mancato raggiungimento degli obiettivi potrebbe generare perdite per oltre 7 miliardi di euro, pari a 4.109 euro per abitante.

Le conseguenze ambientali sarebbero altrettanto gravi: 18 miliardi di metri cubi di gas naturale e 3,4 milioni di tonnellate di oli combustibili in più consumati, con emissioni aggiuntive di 38 milioni di tonnellate di CO₂ al 2050. Sul piano sociale, si stimano 21.079 posti di lavoro mancati se la Calabria non riuscirà a centrare i target fissati dal PNIEC.

Benefici per cittadini e imprese

AGICI evidenzia anche le ricadute positive che deriverebbero dal pieno sviluppo delle rinnovabili. In Calabria, i benefici economici al 2050 sarebbero ripartiti tra imprese (55%) e cittadini (45%), con effetti diretti sulla riduzione dei costi energetici e sull’occupazione qualificata. Lo studio ribadisce che investire nelle rinnovabili è economicamente più vantaggioso rispetto all’inazione, ma segnala ancora ostacoli strutturali come i ritardi nel permitting, l’assenza di una governance coordinata e la mancanza di stabilità normativa.

Le dichiarazioni

“È fondamentale sottolineare come al centro del discorso sulle rinnovabili ci sia un tema di sviluppo che non è solo di natura economica, ma anche sociale”, ha dichiarato Marco Carta, amministratore delegato di AGICI. “Gli impianti FER – ha aggiunto – nascono nelle aree più periferiche del Paese, spesso a rischio di spopolamento. Investire sulle rinnovabili significa creare benessere e occupazione qualificata nei territori che ne hanno più bisogno”.

Sulla stessa linea Anna Pupino, responsabile dell’Osservatorio Rinnovabili (OIR): “Il costo delle rinnovabili è minimo rispetto a quello dell’inazione. Serve un quadro normativo stabile e sicuro per trasformare la decarbonizzazione in una vera opportunità di crescita sostenibile e competitiva per l’Italia”.

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