1 Novembre 2025
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Il paradosso Calabria: dove il turismo è vita, non solo settore. Capalbo: “Basta progetti straordinari’ e asettici”

Cultore della materia all’Università della Calabria evidenzia: "La Regione spende milioni in fiere inutili. Manca una visione, si ignori il balneare e si riparta dall'autenticità e dai residenti"

Il turismo non può essere un’opinione, specie in una regione come la Calabria che dovrebbe farne un perno identitario, anziché un club per pochi. I successi delle  terre sorelle  obbligherebbero a metterci un di piu’ di passione e di missione, perché i soli investimenti non bastano, per rilanciare quel che erroneamente viene chiamato settore, quando esso, il turismo, dovrebbe essere vita.

Di turismo abbiamo parlato con Franco Capalbo, cultore della materia presso l’Università della Calabria, “uno che ne studia i processi da un punto di vista critico, con particolare interesse nei confronti delle relazioni tra il turismo moderno, il capitalismo e le dinamiche occupazionali legate a tale settore”, dice di lui l’editore Vintura, che ne ha pubblicato un anno fa il libro “Perchè la Calabria non dovrebbe campare solo di turismo”

Dottor Capalbo, la Puglia e perfino la Basilicata eccellono in reputazione digitale sul piano turistico, secondo le ultime indagini di settore. Parliamo di Sud, la Calabria invece …

“Il ritardo non riguarda solo la reputazione digitale. Se facciamo riferimento ai flussi turistici (arrivi e presenze), la Calabria occupa gli ultimi posti nella classifica delle regioni italiane, sia in riferimento ai turisti italiani che stranieri. Il dato è confermato dal piano esecutivo annuale del PRSTS (Piano Regionale di Sviluppo Turistico Sostenibile 2023-2025 – pubblicato a gennaio del 2024). Inoltre, la domanda turistica calabrese è fortemente stagionale: ciò vuol dire che il turismo in Calabria si concentra, ancora, in pochi periodi dell’anno, solitamente quelli estivi, in quanto la nostra Regione è associata prevalentemente al turismo balneare. Un enorme paradosso, se pensiamo alla grande varietà del patrimonio culturale, storico e naturale. Evidentemente, c’è qualcosa che non funziona”.

Perché non riusciamo a decollare, quanto pesa una burocrazia, a volte, autoreferenziale e produttrice solo di chiacchiere da guru?

“Credo che la Calabria paghi una linea strategica ancora troppo pigra, accomodante e semplicistica. E’ opinione diffusa pensare che bastino solo le risorse naturali, di cui la Calabria è ricchissima, per attirare grandi flussi di turisti. In realtà, non è sufficiente possedere un grande patrimonio artistico, storico, culturale e naturale se tutto ciò che sta intorno ad esso è carente. Invece, è fondamentale predisporre un’offerta turistica allargata e ben strutturata in ogni sua componente: trasporti, accessibilità, comunicazione e tanto altro. D’altronde, oggi il turista è sempre più esigente, informato e autonomo: siamo pronti ad accogliere tali cambiamenti? Dal mio punto di vista, la risposta è negativa: ci manca una visione d’insieme che sappia valorizzare in modo adeguato le nostre risorse”.

La regione spende soldoni per partecipare a fiere turistiche in ogni parte d’Italia e d’Europa, lei come la vedrebbe una sorta di Bit da realizzare in Calabria , con esperienze itineranti volte a permettere ai tour operator del nord America o della scandinavia, per fare un esempio, di respirare direttamente la nostra terra anziché limitarsi a guardare video e costosissime marchette buone solo per gli stand?

“Apparentemente, la scelta di partecipare ad eventi promozionali, come le fiere, non ha pagato, considerando i numeri turistici di cui sopra. Soprattutto, la dotazione finanziaria destinata a tali attività – si parla di milioni di euro – sembra eccessiva: si potevano destinare ad altro? Ho la netta sensazione che si badi più alla forma che alla sostanza, e che il “comunicare” abbia più importanza del “fare”. Sia chiaro, le attività promozionali di diversa natura (digitali/social o in presenza) sono importanti per migliorare la reputazione della Calabria, ma non devono rappresentare l’unica soluzione possibile e immaginabile. Piuttosto, il loro compito dovrebbe essere quello di supportare un sistema strategico di sviluppo turistico variegato e connesso con i luoghi. Invece, noto un certo distaccamento dalle vocazioni dei territori. Si pensi alla pista di pattinaggio su ghiaccio realizzata a Milano da Calabria Straordinaria: quale legame ha con la nostra terra?

Credo che si debba ripartire proprio dal locale. Slogan fantasiosi, marchette, costosi video promozionali: non abbiamo bisogno di inventarci nulla, la Calabria è già ricca di specificità produttive, saperi, sapori, storie e culture che aspettano solo di essere scoperte e promosse (magari da artisti locali). Non ragioniamo sul singolo grande evento, spesso fatiscente e fine a sé stesso, da organizzare una tantum, ma piuttosto su una serie di attività/eventi/itinerari continui, anche in piccolo, che abbiano legami con le vocazioni dei territori e con le comunità ospitanti. E’ questo ciò che serve alla Regione, nulla di “Straordinario” se non la semplicità e l’autenticità della nostra terra”.

Quali sono i limiti della regione, cosa dovrebbe concretamente fare?

“Le criticità del turismo calabrese sono tante: stagionalità, assenza di servizi, carenza di politiche e strategie efficaci e a lungo termine, scarsa professionalizzazione/regolamentazione del lavoro, pochi supporti alle imprese e tanto altro. In primis, quello che manca alla Calabria è un modello di sviluppo chiaro e condiviso. Le linee di sviluppo turistico pensate dall’attore politico sono spesso calate dall’alto, e non hanno alcun legame con i territori. Bisognerebbe edificare una serie di strategie che partano dal basso, individuare modelli alternativi che siano espressione delle singole specificità e peculiarità locali. Oggi è in crescita la domanda di turismo lento e di fuga dalle mete caotiche e affollate. I turisti cercano contatti autentici con luoghi e comunità ospitanti; vogliono riassaporare il valore delle relazioni umane e del contatto con la natura. Questa è un’opportunità da cogliere se pensiamo alle caratteristiche di tanti comuni calabresi, soprattutto interni e montani. In sostanza, l’essenza della Calabria (dove, appunto, relazioni umane e connessioni con la natura hanno ancora una certa rilevanza) deve temprare ogni piano di sviluppo turistico: basta a progetti asettici e sconnessi dai contesti territoriali. In tale ottica, il coinvolgimento delle comunità locali in tutti i processi decisionali è fondamentale. Non dobbiamo dimenticare che i residenti sono i primi promoter di una località turistica: se insoddisfatti, comunicheranno un’immagine negativa di quel posto. D’altronde, come possiamo pensare di attrarre turisti “stranieri” se la qualità della vita di chi quei luoghi li abita quotidianamente è bassa? Dunque, il miglioramento dei servizi essenziali è il primo passo da compiere in ogni processo di sviluppo, turistico e non solo.

Infine, l’ente pubblico (dai singoli comuni alla Regione) ha bisogno di figure altamente qualificate che sappiano programmare l’offerta turistica e tutto ciò che ruota attorno ad essa. In particolare, la Calabria deve avere il coraggio di investire con forza nei giovani laureati. L’Università della Calabria ha ben due corsi di laurea in turismo (triennale in “Scienze del Turismo e dei Servizi Turistici” e magistrale in “Progettazione, innovazione e gestione delle destinazioni turistiche”), che preparano i professionisti del futuro. Tanti, però, sono costretti a lasciare la nostra terra perché non trovano opportunità lavorative consone al loro percorso di studio. Da un lato la fuga indotta di capitale umano altamente specializzato, dall’altro la carenza di competenze per progettare uno sviluppo turistico efficace: uno dei tanti paradossi che tarpano le ali alla Calabria”.

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