Torna in carcere Mohamed Omar, 40 anni, imprenditore di origine calabrese e residente a Bologna, già arrestato il 9 ottobre 2024 nell’ambito dell’operazione “Sceicco” condotta dalla Guardia di Finanza. Il provvedimento restrittivo, eseguito dal Comando provinciale delle Fiamme gialle, è divenuto definitivo dopo la pronuncia della Suprema Corte di Cassazione, che ha confermato la custodia cautelare in carcere.
L’uomo si trovava agli arresti domiciliari dal maggio 2025. Con la decisione dei giudici di legittimità, la misura è stata aggravata, ritenendo sussistenti le esigenze cautelari già evidenziate dal Tribunale di Bologna.
Il ruolo chiave nella città
Secondo l’impianto accusatorio, Mohamed Omar non sarebbe stato un semplice imprenditore, ma un referente stabile e riconosciuto a Bologna per ambienti camorristici e ’ndranghetisti. Il suo ruolo, per gli investigatori, era quello di intercettare, gestire e reimpiegare ingenti flussi di denaro di provenienza illecita, reinserendoli nel circuito dell’economia legale.
Le indagini descrivono una struttura operativa collaudata, capace di muoversi grazie a una rete di relazioni e complicità nel mondo imprenditoriale emiliano-romagnolo, utilizzando attività economiche formalmente lecite – in particolare nel settore dei locali e dell’intrattenimento – come strumento di riciclaggio e copertura.

L’operazione “Sceicco”
L’inchiesta, condotta dal Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Bologna, ha coinvolto complessivamente 15 persone e ha portato alla contestazione di una pluralità di reati, alcuni dei quali aggravati dal cosiddetto “metodo mafioso”.
Mohamed Omar è stato rinviato a giudizio insieme ad altre cinque persone, mentre il quadro investigativo restituisce l’immagine di un sistema criminale articolato, capace di operare in modo mimetico e di sfruttare le pieghe dell’economia legale per ripulire capitali provenienti dalla criminalità organizzata.
Reati economici e violenza sommersa
L’attività investigativa ha fatto emergere un contesto in cui riciclaggio e reimpiego di denaro illecito si intrecciano con pratiche di usura, estorsione e frode, fino a lambire settori come la malversazione di fondi pubblici, il traffico di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione e persino il tentato sequestro di persona. Un mosaico che, secondo l’accusa, dimostra come l’apparente normalità imprenditoriale fosse in realtà funzionale a una strategia criminale di lungo periodo.

Nord Italia, affari puliti e soldi sporchi
L’inchiesta “Sceicco” si inserisce in un filone ormai consolidato: le mafie al Nord non cercano visibilità, ma stabilità economica. Bologna emerge come territorio di investimento, dove il denaro di origine mafiosa viene trasformato in fatturato, società e locali aperti al pubblico, con il supporto di relazioni compiacenti e silenzi interessati.
Una criminalità che non spara, ma compra, investe e controlla, insinuandosi nei gangli dell’economia legale e rendendo sempre più sottile il confine tra impresa e malaffare.












