All’esito della camera di consiglio, ieri, la prima sezione della Corte di Appello di Reggio Calabria (Pres. Lucia M. Monaco, cons. Adriana Trapani, cons. rel. Caterina Catalano), Sost. Proc. Generale Vincenzo Luberto (che aveva chiesto la conferma della sentenza di primo grado), in accoglimento dei motivi di appello proposti dall’avv. Domenico Infantino e dall’avv. Mirna Raschi, ha notevolmente rideterminato la condanna del rosarnese Cacciola Giuseppe, considerato dall’accusa uno dei principali protagonisti dell’operazione Crypto, da venti anni ad anni otto di reclusione.
Insussistente anche l’aggravante della transnazionalità
La consistente riduzione di pena è conseguita al venir meno del ruolo di capo promotore ed organizzatore della potentissima associazione finalizzata al traffico di droga incriminata, con base logistica in Rosarno, ma operante nel territorio nazionale ed estero, contestato a Cacciola Giuseppe, unitamente alla insussistenza della aggravante della transnazionalità. Gli avvocati Domenico Infantino e Mirna Raschi hanno così commentato la sentenza: <nel massimo rispetto per l’accusa, riteniamo che la significativa riforma della sentenza del GUP sia giuridicamente aderente ad una piattaforma probatoria dimostrativa al massimo dello svolgimento di un ruolo di mero partecipe, priva dei tratti che connotano la figura apicale, unitamente alla mancata individuazione di un diverso ed autonomo gruppo straniero che avrebbe coadiuvato il sodalizio rosarnese nei traffici di droga, nel rispetto dei principi fissati dalle Sezioni Unite della Cassazione sull’aggravante della trans nazionalità. Nel settembre 2021, le forze dell’ordine italiane avevano portato a termine l’operazione “Crypto”, che aveva condotto all’arresto di 57 indagati ((43 in carcere, 14 agli arresti domiciliari) collegati a potenti clan calabresi, tra cui i Bellocco, i Piromalli, i Molè, i Pesce e i Cacciola-Certo-Pronestì.