13 Maggio 2025
11.4 C
Calabria

Ville, aziende e terreni: il patrimonio strappato ai clan. In Calabria 1700 immobili senza destinazione

I beni confiscati alla 'ndrangheta rischiano di marcire. Libera lancia l'allarme: serve più trasparenza, una cabina di regia nazionale e la garanzia che restino al servizio della collettività

L’associazione antimafia Libera accende i riflettori sulla gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata. In Italia, e soprattutto in Calabria, troppi immobili e aziende sottratti ai clan rimangono senza una destinazione concreta. Secondo il report “Raccontiamo il bene”, su 3.000 immobili confiscati in Calabria, ben 1.700 non hanno ancora una funzione stabilita. L’assegnazione di questi beni dovrebbe trasformarli in strumenti di riscatto sociale, ma il processo è lento e frammentato. Senza un’accelerazione, rischiano di cadere nell’abbandono, vanificando il lavoro di magistratura e forze dell’ordine.

Dai clan alla comunità: la sfida del riutilizzo

Quando questi beni vengono affidati a enti no profit, diventano simboli di rinascita. Oggi, in Calabria un terzo dei beni confiscati è destinato a fini istituzionali, mentre due terzi hanno una destinazione sociale, assegnati a cooperative, associazioni e altre realtà del terzo settore. Ville di lusso, terreni, aziende un tempo simbolo del potere mafioso potrebbero diventare volani di sviluppo e inclusione sociale, ma per farlo è necessario snellire le procedure e garantire il supporto alle realtà che ne prendono in gestione l’utilizzo.

I numeri della confisca in Calabria

Dai dati aggiornati al 24 febbraio 2025 dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati, emerge che in Calabria sono 2.920 gli immobili già assegnati, mentre 1.693 sono ancora in attesa di destinazione. Sul fronte delle aziende, 190 sono state affidate, mentre 295 restano ancora sotto gestione. Un quadro che mostra chiaramente l’urgenza di un intervento per sbloccare questa enorme risorsa.

Chi gestisce i beni confiscati?

Attualmente, 147 realtà no profit operano nella gestione dei beni sottratti ai clan, distribuite in 44 Comuni calabresi. Il 65% di queste realtà è costituito da associazioni di diversa tipologia (96 enti), il 13% da cooperative sociali (20 realtà), il 9% da enti ecclesiastici come diocesi, parrocchie e Caritas (13 enti). Completano il quadro 6 enti pubblici, 5 fondazioni e 2 consorzi di cooperative.

Queste organizzazioni gestiscono 71 appartamenti e abitazioni indipendenti, 41 ville e fabbricati multipiano, 38 terreni agricoli e edificabili, 17 complessi immobiliari, 12 locali commerciali o industriali, trasformandoli in centri di aggregazione, spazi per il sociale e luoghi di produzione etica.

Gli ambiti di utilizzo: tra welfare, turismo e agricoltura

Le finalità di utilizzo dei beni confiscati si suddividono in diversi ambiti. Oggi 91 realtà sono direttamente impegnate in servizi di welfare e politiche sociali per la comunità, mentre 59 enti operano nella promozione del sapere e del turismo sostenibile. 13 realtà sono attive nell’agricoltura e nella tutela ambientale, 7 si occupano di sport, e 6 sviluppano progetti di produzione e lavoro. Questo dimostra quanto questi beni possano diventare strumenti di sviluppo economico e sociale per il territorio, se adeguatamente valorizzati.

Le richieste di “Libera Calabria”

A ventinove anni dall’approvazione della legge n. 109/96, che regola il riutilizzo dei beni confiscati, Libera Calabria lancia tre richieste fondamentali: maggiore trasparenza nell’intero processo di confisca e riuso, creazione di una cabina di regia nazionale per coordinare le risorse disponibili e rendere complementari i diversi fondi, e soprattutto la garanzia che i beni confiscati non vengano privatizzati attraverso affitti onerosi o vendite, che rischierebbero di vanificare il valore sociale di queste risorse.

Un caso emblematico è quello del “Palazzaccio” di Tropea, confiscato nel 2014 e ancora in stato di abbandono. Un simbolo dell’immobilismo burocratico che troppo spesso rallenta la restituzione alla collettività di questi beni. Il messaggio è chiaro: restituire questi beni alla comunità significa ribaltare la logica della criminalità. Ma senza interventi concreti, il rischio è che restino monumenti vuoti, testimoni silenziosi di un’occasione mancata.

Calabria 7 su WhatsApp

ARTICOLI CORRELATI

RUBRICHE

La sezione investigativa di C7. Una finestra sui casi più scottanti: dossier, reportage inediti, retroscena giudiziari sulla ‘ndrangheta e sul potere oscuro che muove la Calabria.

Approfondimento critico sulle problematiche calabresi, con denunce sociali, reportage d’impatto e analisi autentiche di eventi.

Rubrica bisettimanale per semplificare concetti di finanza personale, orientando scelte consapevoli.

Analisi politica oggettiva di temi locali, regionali e globali, decodificando strategie, poteri e dinamiche complesse.

Questa sezione si occupa di analisi sul quadro politico regionale, con interviste ai protagonisti della scena pubblica.

Racconti autentici di Calabria, tra tradizioni, personaggi, luoghi, eventi straordinari, per valorizzare cultura e resilienza del territorio.

Rubrica dove si analizzano le tecniche e strategie con focus su Cosenza e Catanzaro, scritta dall’esperto Michele Marturano.