Ci sono dossier che Vibo Marina trascina da talmente tanto tempo da sembrare parte fissa del paesaggio, quasi un destino immobile. La delocalizzazione dei depositi costieri è uno di questi: un argomento che da quarant’anni rimbalza tra promesse, piani, rimandi, e che oggi torna improvvisamente al centro del dibattito politico grazie a una missione romana che, per la prima volta, sembra aver messo in fila una serie di elementi concreti.
Il sindaco Enzo Romeo, insieme all’assessore Stefano Soriano e al consigliere delegato al Porto Silvio Pisani, è volato ieri al Ministero delle Infrastrutture. Un viaggio preparato in silenzio, favorito anche dal ruolo di raccordo del parlamentare leghista Giacomo Saccomanno, e che rappresenta il tentativo più diretto – e forse l’ultimo utile in questa fase – per tentare di spostare finalmente i serbatoi della Meridionale Petroli lontano dalla costa. Il clima nella sede ministeriale è stato improntato alla prudenza, ma non alla chiusura. Chi era presente parla di un confronto lungo, tecnico, serrato. Uno di quelli che non risolve tutto ma che sposta il baricentro della discussione dal “non si può fare” al “vediamo come si può fare”.
Il video che racconta ciò che le carte non dicono
Il momento più incisivo dell’incontro è stato, paradossalmente, quello meno burocratico. Romeo ha mostrato ai tecnici un video realizzato dal Comune, un sorvolo con drone capace di raccontare in pochi secondi ciò che anni di carteggi non sono mai riusciti a far capire realmente: la vicinanza impressionante tra la spiaggia e i depositi di carburante. Una prossimità che nessun lungomare ambizioso potrebbe mai tollerare senza sentirsi ridicolo.
Il filmato ha colpito nel segno. Racconta, senza mediazioni, che lo sviluppo turistico di Vibo Marina si è arenato esattamente dove iniziano quei serbatoi. E che il futuro di un porto che si prepara a investire 27 milioni tra nautica, cantieristica e ricettività, non può convivere con una presenza industriale concepita in un’altra epoca. Romeo lo userà anche alla conferenza dei servizi del 19 dicembre. Perché certe immagini non hanno bisogno di interpretazioni: parlano da sole.
La soluzione c’è: un’area industriale già individuata
Al Ministero la delegazione non si è presentata con un’idea vaga, ma con una direzione precisa. Il Comune ha infatti ribadito che il sito alternativo esiste già ed è stato individuato in area industriale, una scelta votata all’unanimità dal Consiglio comunale. Non si tratta di un dettaglio, ma della condizione minima per rendere credibile qualsiasi ipotesi di delocalizzazione. La procedura non è ancora formalmente chiusa, ma la strada sembra tracciata. L’area offre maggiore sicurezza, maggiore distanza dai centri abitati e la possibilità di restituire finalmente la costa alla sua vocazione naturale: il mare, la fruibilità pubblica, la crescita turistica.
Il nodo dei fondi: risorse ministeriali sì, PNRR no
Il problema, come sempre, è capire chi paga. La risposta arrivata da Roma non è stata una promessa, ma un’apertura: i fondi per sostenere delocalizzazioni strategiche esistono. Non sono del Pnrr, perché i tempi sono ormai scaduti, ma rientrano in altre linee finanziarie del Ministero. Non è la soluzione definitiva, ma è un punto da cui iniziare. Ora gli uffici dovranno lavorare a ritmo serrato per arrivare al 19 dicembre con almeno un orientamento, un impegno preliminare, una posizione in grado di dare al Comune una base su cui costruire la battaglia finale.
Regione, Autorità Portuale e il rebus Corap: i pezzi mancanti
Sul tavolo resta però un nodo non secondario: la riforma incompleta del Corap, che dovrebbe confluire nella nuova Arsa e che, così com’è, complica la gestione delle aree industriali. Anche su questo fronte servirà una mediazione istituzionale rapida, perché senza la Regione e senza una collaborazione piena dell’Autorità Portuale, il percorso rischia di incepparsi. Romeo, però, mantiene un tono deciso. Non parla a titolo personale, ma forte di una delibera unanime del Consiglio comunale. E questo, in politica, pesa.
Un dossier che vale il futuro di Vibo Marina
La permanenza dei depositi rappresenta oggi il principale ostacolo alla trasformazione del porto in un polo turistico moderno. È una questione di sicurezza, certo, ma anche di immagine, di attrattività, di sviluppo economico. Non è un semplice spostamento logistico: è una cesura culturale. È il passaggio da un’idea industriale invecchiata a un modello che guarda alla nautica, alla ricettività, al mare come opportunità e non come spazio sacrificabile.
La conferenza del 19 dicembre potrebbe essere il primo vero punto di svolta. Oppure l’ennesima tappa di una storia interminabile. Ma questa volta, per la prima volta da anni, il Comune si presenta con una strategia chiara, un sito alternativo, un video che racconta la verità e un Ministero che ha aperto una porta che fino a ieri sembrava murata.



