L’accordo siglato nel 2022 dalla Regione Calabria per l’arrivo di 497 medici cubani a supporto del sistema sanitario locale, sebbene inizialmente accolto come una “giusta intuizione”, ha sempre sollevato interrogativi, in particolare riguardo all’effettivo trattamento economico dei professionisti. Oggi, la questione si ripropone con maggiore urgenza a causa delle prime defezioni tra i camici bianchi giunti dall’Avana. Alcuni si sono diretti verso cliniche private, altri in Paesi diversi, o addirittura sono “spariti dai radar” dopo un periodo di ferie, generando nuove incertezze per il fragile sistema sanitario calabrese.
La situazione, come evidenziato anche dall’articolo di Donata Marrazzo su Il Sole 24 Ore, è complessa. Dallo stesso ospedale di Vibo Valentia, un medico cubano si è diretto in Spagna. Il commissario dell’ASP di Vibo, Vittorio Piscitelli, ha riferito che la sua fidanzata, anch’essa medico arruolato per la Calabria, “è stata fermata in aeroporto”. Inoltre, risultano “dispersi” altri camici bianchi cubani in servizio presso alcune strutture sanitarie della provincia di Cosenza. Questi episodi, riportati in modo fattuale, mettono in discussione la stabilità del progetto.
Il caso in Parlamento e le accuse di “compensi minimi”
Il caso ha rapidamente raggiunto l’attenzione politica. La deputata del Movimento 5 Stelle Anna Laura Orrico ha presentato un’interrogazione parlamentare, invitando il governatore Roberto Occhiuto “a farsi garante dell’attività lavorativa dei medici cubani chiamati ad operare in Calabria”.
Parallelamente, a gettare nuova luce sulle condizioni dei medici cubani è stata una recente inchiesta giornalistica di Cubanet.org, una testata cubana indipendente. L’inchiesta, citata dall’articolo de Il Sole 24 Ore, ha riferito di compensi minimi, trattenute su straordinari e tredicesime, e di spostamenti e attività social “monitorate, anzi controllate”. La giornalista Annarel Grimal, autrice dell’inchiesta, ha dichiarato di aver avuto “accesso a decine di documenti interni” che sosterrebbero le sue affermazioni, indicando che “dei 34,50 euro all’ora, pagati dall’Italia come stipendio base, il medico ne riceve solo 6,68”.
La difesa di Occhiuto: “Medici liberissimi e integrati”
Di fronte a queste accuse, il Presidente della Regione Calabria e Commissario della sanità, Roberto Occhiuto, ha fornito una lettura diametralmente opposta. “In questi anni, da quando i medici cubani sono con noi in Calabria, ciclicamente qualcuno lancia accuse infamanti, sostenendo che i camici bianchi caraibici sono schiavi, che sono controllati dal regime, che i loro familiari a Cuba sono sorvegliati speciali, e altre cavolate di questo tipo,” ha dichiarato Occhiuto, respingendo le affermazioni.
Il Presidente ha sostenuto che “le singole vicende di queste ultime settimane, invece, dimostrano esattamente il contrario. I medici cubani in Calabria sono liberissimi, perfettamente integrati nelle comunità nelle quali lavorano, qualcuno si è anche sposato. I pazienti calabresi apprezzano la loro professionalità”. Riguardo al compenso, Occhiuto ha precisato che i medici “ricevono circa 4700 euro lordi al mese su un conto corrente italiano, così come i loro colleghi calabresi, e hanno anche, come incentivo, l’alloggio messo a disposizione dalla Regione”.
Il primo accordo e il doppio contratto
L’articolo de Il Sole 24 Ore ripercorre anche le dinamiche contrattuali. Inizialmente, l’ingaggio dei medici cubani si basava su un’intesa tra la Regione Calabria e la Comercializadora de Servicios Medicos Cubanos (CSMC). Questa prevedeva un budget mensile di 4700 euro per ogni medico, con gli importi corrisposti dalla Regione alla CSMC. Il documento specificava che l’ente avrebbe anticipato a ogni specialista 1200 euro come rimborso forfettario, più le spese di alloggio e viaggio, mentre i restanti 3500 euro sarebbero stati versati direttamente alla società commerciale cubana, con sede a Catanzaro, che operava come agenzia di lavoro interinale. Una configurazione che nel 2023 richiese chiarimenti al consolato americano tramite il Ministero della Salute.
Successivamente, l’accordo è stato modificato per prevedere assunzioni dirette a tempo determinato da parte delle aziende sanitarie, nel rispetto della normativa italiana. Tuttavia, Cubanet.org, pur riconoscendo il cambiamento, sostiene che persisterebbero “forti decurtazioni salariali”, a causa di un “secondo contratto redatto con l’agenzia cubana che assegna a tutti i professionisti un’indennità pari al 22% di quanto erogato dal governo ospitante. E retribuisce solo la metà delle ore di straordinario svolte dai medici e della tredicesima mensilità”.
Richieste di chiarimento e la conferma del progetto al 2027
Di fronte a questo scenario, sono emerse chiare richieste di verifiche. Il consigliere regionale del PD, Ernesto Alecci, ha depositato un’interrogazione per chiedere chiarezza sull’intero progetto, domandando quanti medici siano ancora in servizio, quanti abbiano lasciato, e se si intenda rivedere le condizioni contrattuali. Anche l’ex presidente del consiglio regionale, Mimmo Tallini, esponente del centrodestra calabrese, ha sollevato dubbi “sui compensi, la dignità e le tutele dei lavoratori cubani, la gestione di dati sensibili su servizi e interventi svolti dagli specialisti”.
Nonostante le polemiche e le defezioni, la necessità di personale sanitario in Calabria resta un dato di fatto. Per questo, i medici cubani sono stati confermati fino al 2027. Il decreto firmato dal presidente Roberto Occhiuto rinnova di due anni l’accordo con la CSMC, riconoscendo che “il reclutamento di professionisti medici cubani ha permesso di colmare gravi carenze di organico nelle strutture sanitarie calabresi, nonché di favorire un interscambio professionale e scientifico utile a migliorare l’efficienza delle prestazioni sanitarie erogate”. Una proroga ritenuta necessaria in attesa di una riforma strutturale del sistema sanitario.
Fuga dei medici cubani: il caso di Vibo e le preoccupazioni locali
L’ultima fuoriuscita riguarda l’ospedale Jazzolino di Vibo Valentia, da cui un ortopedico cubano ha scelto un’assunzione nel privato, presso Villa dei Gerani, struttura accreditata con il servizio sanitario regionale, al posto del rinnovo nel pubblico. Il commissario dell’ASP di Vibo, Vittorio Piscitelli, si è detto interdetto: “Sul caso attendo a breve il parere della prefettura e della questura – ha dichiarato Piscitelli – Non sono un esperto in materia di permessi di soggiorno ma devo capire se è tutto in regola”. Nonostante ciò, ha ribadito l’utilità della brigata cubana, “fuori discussione, anche in vista dell’ampliamento programmato della nostra struttura con fondi del Pnrr”.