Dopo una stagione amara culminata con la retrocessione dalla Serie B, il Cosenza Calcio torna a parlare alla propria tifoseria aprendo i commenti dei propri profili social. Ma non con un gesto simbolico di vicinanza, un confronto aperto o un’autocritica: lo fa pubblicando una “netiquette”, un regolamento di comportamento per i propri canali. Sette regole per “favorire un dialogo costruttivo”, si legge nel post su Instagram, che però molti tifosi hanno percepito come un’ulteriore beffa: dopo aver subìto in silenzio l’umiliazione sportiva e mesi di assenza di comunicazione, ora viene chiesto loro di moderare i toni.
Il falso perbenismo dopo il silenzio: così si imbavaglia il dissenso
Le regole, che vanno dal non usare caratteri maiuscoli all’obbligo di commentare con nome e cognome, vengono presentate come strumenti per uno spazio “sereno e costruttivo”, ma il sospetto che aleggia tra la tifoseria è quello di una censura mascherata da bon ton digitale. Un tentativo di addomesticare la voce del dissenso, in una piazza che da mesi chiede risposte, trasparenza e rispetto e che, a ragion d’essere, con il patron Guarascio ha un rapporto tutt’altro che amorevole.
Proprio su questo punto molti supporter tornano alla carica: dov’era la società durante i mesi bui?, quando la squadra affondava tra sconfitte, contestazioni e un silenzio assordante da parte della dirigenza?
Il calvario dei tifosi e l’ennesima umiliazione
Per i tifosi del Cosenza, questo regolamento è solo l’ultimo tassello di un calvario sportivo e comunicativo. Dopo un anno di delusioni e frustrazioni, si aspettavano una rifondazione non solo della rosa, ma anche del rapporto umano tra squadra e città. Invece, si trovano davanti una lista di imposizioni che, sebbene corrette nei principi, trasudano un paternalismo fuori tempo massimo. Il calcio è passione, sì, ma è anche sfogo. E quando l’unico canale rimasto per far sentire la propria voce viene regolato come un’aula scolastica, è difficile parlare di riavvicinamento.
D’altronde, basterebbe ricordare il caso del tifoso colpito dalla “sospensione del gradimento” per aver espresso, seppur con veemenza ma senza violenza, il proprio dissenso durante Cosenza-Frosinone del 2020: un provvedimento emblematico di come il dissenso sia stato non solo ignorato, ma per giunta sanzionato alacremente.
Dialogo vero o controllo dell’immagine?
Che i toni online debbano essere civili è fuori discussione. Ma farlo dopo aver ignorato i tifosi per mesi, senza mai aprire un confronto reale, rende il tutto sospetto e indigesto. Il rischio è che la netiquette diventi uno strumento di controllo dell’immagine, non un ponte verso una nuova relazione con la piazza. La tifoseria del Cosenza, passionale e fedele anche nei momenti peggiori, merita molto più di una lezione di buone maniere. Merita risposte. Merita verità. E merita rispetto.