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Preso a martellate nel sonno: fermato il genero, ex pentito di ‘ndrangheta Rosario Barbaro

Un tentato omicidio efferato, figlio di rancori familiari e ombre criminali. L’aggressore è un ex collaboratore di giustizia

Colpito alla testa con un martello. È finito così, in codice rosso, il pomeriggio di Angelo Draghi, 80 anni, ricoverato d’urgenza all’Humanitas di Rozzano con l’arma ancora conficcata nel cranio. Una scena da incubo, in un tranquillo appartamento di via Roma, a Vermezzo con Zelo, nella provincia milanese.

Per l’aggressione, i carabinieri hanno fermato Rosario Barbaro, 53 anni, genero della vittima, già condannato per associazione mafiosa e ex collaboratore di giustizia. L’accusa è di tentato omicidio.

L’aggressione

Il raid – come riporta Milano Today – si è consumato giovedì 18 settembre, intorno alle 15. Secondo quanto emerso, Draghi stava dormendo nella casa di una conoscente, quando è stato raggiunto da un uomo con il volto coperto da un casco, che ha colpito ripetutamente con un martello.

Alla scena ha assistito, almeno in parte, l’anziana padrona di casa. Subito l’allarme al 112. Quando i soccorritori sono arrivati, hanno trovato l’anziano ancora vivo, ma in condizioni disperate. Le lesioni alla testa sono gravissime, ma dopo un intervento chirurgico, le sue condizioni sono state stabilizzate, anche se la prognosi resta riservata.

Le indagini lampo

Le indagini, coordinate dalla Procura di Pavia, sono state affidate ai carabinieri di Abbiategrasso e al nucleo investigativo di Milano. Il presunto aggressore è stato individuato in poche ore: le telecamere lo hanno immortalato nei pressi dell’edificio. Si tratterebbe proprio di Rosario Barbaro, bloccato e poi sottoposto a fermo con l’accusa di tentato omicidio.

Chi è Rosario Barbaro

Figlio di Domenico Barbaro, detto “l’Australiano”, boss di ‘ndrangheta dell’omonima cosca. Rosario era stato condannato nel 2008 nell’ambito dell’inchiesta Cerberus, che aveva svelato gli interessi mafiosi nel settore del movimento terra.

Nel 2021, a sorpresa, aveva deciso di collaborare con la giustizia, entrando nel programma della Dda milanese. Una decisione che aveva agitato le cosche calabresi trapiantate al Nord.

La sua collaborazione, però, si era interrotta bruscamente nei mesi scorsi. Richiamato a testimoniare in Calabria, Barbaro rifiuta e rompe con lo Stato. Negli ultimi mesi, i rapporti tra Barbaro e la moglie (figlia della vittima) erano tesi e segnati da episodi di violenza domestica, alcuni dei quali già segnalati alle forze dell’ordine.

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