Roberto Occhiuto vince ed entra nella storia della politica calabrese diventando il primo presidente di regione che succede a se stesso.
Non era mai accaduto, specie da quando è in vigore l’elezione diretta del governatore.
L’unico che aveva stoicamente provato a fare il bis fu Agazio Loiero, nel 2010, contro un arrembante e giovane Giuseppe Scopelliti, che infatti ebbe la meglio.
Gli altri ex non poterono neanche provarci perché, in un modo o nell’altro, furono messi fuori gioco dalla giustizia.
Fu così per Mario Oliverio e, ancora prima, per lo stesso ex sindaco di Reggio Calabria.
Giuseppe Chiaravalloti, invece, alla fine del mandato nel 2005, decise di non ricandidarsi in forza di un accordo politico con Silvio Berlusconi.
Occhiuto e la macchina elettorale perfetta
Roberto Occhiuto voleva una stravittoria, non una semplice affermazione, e l’ha ottenuta con la forza delle preferenze di decine di candidati che hanno trasformato il centrodestra in una coalizione schiacciasassi quale probabilmente mai si era vista.
Il suo è un trionfo che parla chiaro, che cancella il logoramento soft partito dall’interno dell’alleanza all’indomani della vicenda giudiziaria che lo vede indagato e che ne rilancia indubbiamente l’immagine, anche a livello nazionale.
L’immagine sua e quelle di Ciccio Cannizzaro e Gianluca Gallo, sia ben chiaro, i padroni del “granaio azzurro”, la Calabria.
Perché questa è una vittoria collegiale, non di uno solo.
Le incognite dietro il trionfo
Guai però a pensare che una grande vittoria possa estinguere d’emblée le altre ragioni per le quali il presidente ha staccato anticipatamente la spina alla penultima legislatura.
Certe dinamiche sono impermeabili allo champagne: essere forti in politica non sempre impressiona gli altri poteri dello Stato.
Inoltre, i dirigenti e i funzionari della Regione Calabria, tranne qualcuno specializzato nel culto della personalità, non sono elettivi e continueranno ad obbedire al buon senso; se questo si confà agli indirizzi della politica ok, altrimenti sarà inutile strepitare.
Occhiuto vince bene, ma forse vince troppo, poiché gli astrusi meccanismi sottesi alla orrenda legge elettorale regionale potrebbero, per paradosso, alla fine falcidiare un bel numero di suoi big territoriali.
Il campo largo e la sconfitta senza appello
Il campo largo invece perde anche l’onore, per non aver saputo ancora una volta parlare un linguaggio chiaro; per aver voluto schierare a tutti i costi un candidato presidente, Pasquale Tridico, che non ha convinto sin dall’inizio, perché lui stesso c’ha messo un bel po’ per convincersi. Le dimissioni degli autori della disfatta sarebbero un gesto di dignità, un vero atto riformista e costituente di un nuovo centrosinistra.
Le daranno?