Il verdetto è netto: mentre Trento torna in cima e le grandi città del Centro-Nord spingono sull’acceleratore, la Calabria resta nelle retrovie dell’Indice di sportività 2025 elaborato da PTS per Il Sole 24 Ore. L’indicatore — costruito su 32 parametri che misurano impianti, tesserati, eventi, formazione, imprese, turismo e partecipazione sociale — premia i sistemi territoriali che uniscono infrastrutture, gestione e visione. Qui, invece, il quadro racconta di palestra scolastica che non apre, bandi che si perdono e occasioni mancate. A fare più rumore di tutti è il tracollo del Vibonese, che scivola penultimo in Italia; a “salvarsi” è Catanzaro, migliore tra le calabresi ma comunque lontana dall’élite. Il dato non è un capriccio statistico: è il check-up di una filiera sportiva che oggi non regge la competizione nazionale.
Catanzaro, l’unica che si salva (ma non basta)
Capoluogo meglio posizionato in regione, Catanzaro è l’unica provincia che mostra un impianto sportivo e una rete associativa relativamente più viva. Segnali positivi arrivano da società organizzate, tecnici e una discreta attrattività per eventi di scala regionale. È però una salvezza sul filo: la provincia resta nella metà bassa della classifica nazionale e paga ritardi storici su palestre scolastiche, programmi per bambini e donne, calendarizzazione pluriennale degli eventi con legacy su impianti e scuole. Tradotto: senza un Piano triennale che metta in fila cantieri, gestione e formazione, la rincorsa si ferma a metà.
Reggio Calabria, potenziale sprecato
Reggio ha platea, tradizione e bacino per competere almeno a metà graduatoria. Invece, l’Indice la colloca ancora dietro: pesano impianti usurati, scarsi canali scuola-sport, poca programmazione sugli eventi e un ecosistema imprese/turismo che non monetizza lo sport. Qui il salto non è impossibile: basterebbero palestre scolastiche aperte h12, patti di gestione trasparenti con le società, accordi triennali con le federazioni e un brand territoriale che leghi mare, atletica, pallavolo, basket e running.
Cosenza, tanta base poca regia
Nel Cosentino lo zoccolo duro della pratica sportiva c’è — tra dilettantismo, giovanili e discipline diffuse — ma l’Indice segnala bassa attrattività e scarsa integrazione con università, media e turismo sportivo. Manca la regia: bandi frammentati, eventi una tantum, micro-impianti lasciati ai singoli comuni. Senza un calendario unico e una centrale d’acquisto per manutenzioni e gestione, la provincia resta stabile in basso.
Crotone, il nodo impiantistica
Il Crotonese sconta la povertà di impianti fruibili e una manutenzione discontinua. Il talento locale non manca, ma senza campi di base, piscine a costi sostenibili, palestre scolastiche operative e trasporti dalle aree interne, l’Indice resta impietoso. Servono progetti esecutivi pronti, cantieri rapidi e gestioni sostenibili con tariffe calmierate per minori e disabili. Finché l’impianto non c’è, lo sport resta retorica.
Vibo Valentia, la bocciatura più severa
È la maglia nera calabrese: Vibo Valentia scivola penultima in Italia con un punteggio in coda al Paese. Il responso sintetizza impianti insufficienti, poca attrattività di eventi, rete tecnica esile e debole integrazione con scuola e turismo. Qui la priorità non è un “mega-evento”, ma una rete di base: campi di quartiere, palestra scolastica aperta il pomeriggio, voucher sportivi per famiglie e trasporti verso gli impianti. Senza fondi Pnrr messi a terra e gestioni affidabili, la classifica non si muove di un centimetro.