25 Settembre 2025
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Il ritorno del “padrone di Gioia Tauro”: aste giudiziarie inquinate per riprendere i beni confiscati

I dettagli dell'inchiesta della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria e dei carabinieri del Ros che hanno notificato 26 misure cautelari e sequestrato beni per oltre 7 milioni di euro

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All’alba il Ros ha bussato alle porte della Piana. L’operazione “Res Tauro”, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, ha colpito il cuore storico della cosca Piromalli: 26 misure (22 in carcere e 4 ai domiciliari), sequestri per più di 7 milioni e l’arresto del presunto capo, Pino “Facciazza” Piromalli, 80 anni. Al centro dell’inchiesta, secondo gli inquirenti, un sistema di condizionamento delle aste giudiziarie per riacquisire beni già confiscati o acquisirne di nuovi tramite intestazioni fittizie, con una pressione estorsiva diffusa e un circuito di riciclaggio/autoriciclaggio che avrebbe alimentato attività economiche legate anche all’agro–imprenditoria del comprensorio. Accuse da provare in giudizio.

L’ipotesi accusatoria: aste truccate e beni “recuperati”

Per la Dda e il Ros, Piromalli avrebbe guidato una strategia mirata a inquinare le procedure di vendita: chi intendeva aggiudicarsi i lotti, secondo l’accusa, doveva pagare. L’obiettivo: riportare nel circuito del clan patrimoni già sottratti o bloccare l’ingresso di terzi, schermando gli asset con prestanome per eludere le misure di prevenzione.

Le misure cautelari e le contestazioni

Le misure eseguite riguardano associazione di tipo mafioso, estorsione, riciclaggio, autoriciclaggio, detenzione illegale di armi e munizioni, turbata libertà degli incanti, favoreggiamento personale e trasferimento fraudolento di valori, aggravati dal metodo mafioso. Il quadro accusatorio è stato delineato dalla Procura di Reggio Calabria diretta da Giuseppe Borrelli; il Ros ha operato con i Comandi provinciali su più territori. Valgono le garanzie di legge e la presunzione d’innocenza.

Chi è Pino Piromalli, “Facciazza”

Figura simbolo della Piana, arrestato nel 1999 dopo sei anni di latitanza, libero dal 2021 dopo 22 anni di 41-bis. Secondo gli inquirenti, una volta fuori avrebbe “restaurato” la cosca, ridefinendo ruoli e alleanze e riaffermando il controllo sul territorio. È tra i destinatari della misura scattata oggi.

I sequestri: immobili, terreni e imprese

Nel filone patrimoniale, eseguiti sequestri preventivi per circa 3 milioni (6 immobili, 16 terreni, 3 imprese individuali e 2 imprese agricole) e un secondo provvedimento della sezione Misure di prevenzione per oltre 4 milioni tra beni mobili, immobili e rapporti finanziari, riconducibili, secondo gli inquirenti, a Piromalli e al suo presunto braccio destro Antonio Zito. Totale superiore a 7 milioni.

La “holding” criminale e gli affari

L’indagine tratteggia una gestione unitaria della cosca come unica entità economica: profitti condivisi, pressione estorsiva su imprenditori, e reimpiego in attività agricole e in servizi connessi. Secondo l’accusa, il porto di Gioia Tauro resta baricentro storico degli interessi, con proiezioni sui traffici e sugli appalti, ma saranno i processi a verificare fatti e responsabilità individuali.

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