Il Tribunale collegiale di Palmi ha chiuso oggi il primo grado del processo “Nuova Narcos Europea”, uno dei più rilevanti filoni giudiziari contro la storica cosca Molè di Gioia Tauro. Il dispositivo della sentenza parla chiaro: otto condanne e cinque assoluzioni.
A pagare il prezzo più alto è Antonio Albanese, condannato a 21 anni di reclusione. Seguono Ippolito Mazzitelli (13 anni), Giuseppe Dangeli (12 anni), Giuseppe Maria Baratta e Antonio Salerni (10 anni e 6 mesi ciascuno), Giuseppe Ficarra e Teresa Salerni (7 anni).
Sono stati invece assolti da tutti i capi d’imputazione Ernesto Madaffari, Carmelina Albanese, Gesuele Longordo, Vincenzo Latino e Daniele Ficarra, difesi da un nutrito collegio di avvocati tra cui Salvatore Staiano, Guido Contestabile, Gianfranco Giunta, Francesco Formica, Giovanni Piccolo, Davide Vigna e Lucrezia Staiano.
Le accuse: mafia, droga ed estorsioni
Il processo scaturisce dalla vasta operazione “Nuova Narcos Europea”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria e condotta dalla Squadra Mobile, che nel novembre 2021 aveva fatto scattare numerosi arresti tra i presunti affiliati al clan Molè. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, la cosca sarebbe rimasta pienamente operativa, nonostante le precedenti inchieste e le fratture interne con i Piromalli. Le indagini, durate circa due anni, avrebbero svelato un imponente traffico internazionale di stupefacenti, con il sequestro di oltre una tonnellata di cocaina proveniente dal Sud America e transitata per la Spagna.
Ma non solo. L’impianto accusatorio ha descritto una rete di estorsioni che si estendeva dal mercato ittico di Gioia Tauro fino alla Lombardia e alla Toscana, confermando l’ormai dimensione imprenditoriale e transnazionale della cosca.
I sommozzatori della droga e i nuovi metodi criminali
Uno degli aspetti più singolari dell’indagine riguarda l’uso di sommozzatori specializzati che, secondo la Dda, sarebbero stati impiegati per recuperare carichi di cocaina in mare al largo del porto di Gioia Tauro, in operazioni degne di un film d’azione.
L’operazione aveva inoltre portato al sequestro di circa tre milioni di euro tra beni, contanti e asset riconducibili al gruppo, evidenziando — secondo l’accusa — il passaggio generazionale della cosca, con le nuove leve dei Molè impegnate a fondere metodi tradizionali e strumenti tecnologici per il controllo del territorio.