Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, torna a far discutere con una confessione sorprendente. Secondo quanto riportato dal sito FanPage.it, nell’intervista rilasciata a Nunzia De Girolamo durante la puntata di Ciao Maschio in onda su Rai 1 sabato 24 maggio 2025, il giornalista ha raccontato senza filtri il suo passato scolastico e lavorativo. Ha ammesso di non aver mai sostenuto l’esame di maturità perché non ammesso, e di essere arrivato dove si trova oggi anche grazie a raccomandazioni ricevute lungo tutto il suo percorso professionale.
“Nemmeno il sei politico”: un percorso scolastico interrotto troppo presto
Nel suo racconto, Sallusti ha rivelato di non essere riuscito nemmeno ad ottenere il famoso “sei politico”, molto diffuso negli anni in cui frequentava l’istituto tecnico. Ha sottolineato come la scuola non fosse mai stata una priorità per lui, perché fin da giovane aveva il sogno di diventare giornalista. Tuttavia, all’epoca pensava che bastasse viaggiare per fare questo mestiere, senza comprendere che avrebbe anche dovuto saper scrivere e conoscere le regole della lingua. Ricorda di aver cominciato con il vocabolario sempre sotto la scrivania e la macchina da scrivere accanto, a testimonianza di un percorso nato più da passione che da preparazione scolastica.
“Andavo a fare il galoppino nelle radio private”: le bugie a casa
Sallusti ha anche raccontato del rapporto conflittuale con i genitori, in particolare con il padre, uomo severo che reagì duramente quando scoprì che il figlio non frequentava più la scuola ma passava le giornate nelle prime radio private. Una scelta fatta di nascosto, che spiazzò la famiglia.
“Sono stato sempre raccomandato, e lo rivendico”: la carriera nel giornalismo
Senza mezzi termini, Sallusti ha poi affrontato il tema più scottante: le raccomandazioni. Secondo lui, sono un motore fondamentale per l’accesso al mondo del lavoro, specie in Italia. Il giornalista ha ammesso che ogni suo avanzamento di carriera, dall’inizio fino al ruolo al Corriere della Sera, è stato possibile perché qualcuno – un collega, un superiore, un direttore – lo ha segnalato come “uno bravo”.
Ha affermato che questa dinamica non dovrebbe essere vista con ipocrisia: nella sua visione, ogni raccomandazione nasce da relazioni professionali costruite sul campo. E ha aggiunto: “Io a tanta gente devo dire grazie, perché mi ha raccomandato. E anche io l’ho fatto con altri”.
Raccomandazioni e merito: l’Italia secondo Sallusti
Con queste parole, Sallusti ha aperto un dibattito scomodo ma attuale. Ha ricordato come, negli anni ’60 e ’70, fossero i parroci a raccomandare giovani ai datori di lavoro locali. E ha posto l’accento su quanto sia importante non demonizzare il concetto di segnalazione professionale, soprattutto in un paese come l’Italia dove le reti di contatti e le conoscenze contano spesso più dei titoli formali.