Da Avs nessuno pretendeva percentuali a due cifre, ma una crescita di qualche punticino sì, quella almeno sì. Invece arriva un risultato deludente, sotto soglia, un 3.85% che condanna l’alleanza di Fratoianni e Bonelli all’esclusione dalla principale assemblea elettiva regionale. Uno smacco, più che altro una retrocessione in piena regola nel campionato della marginalità che deve far riflettere, ma soprattutto deve indurre a considerare un cambiamento immediato, sia nei vertici che nelle politiche di radicamento.
Il falso alibi del “caso Lucano”
Non ci trova affatto d’accordo l’opinione secondo la quale l’esclusione sopraggiunta di Mimmo Lucano dalle liste di Alleanza Verdi Sinistra avrebbe, da sola, penalizzato il partito.
Ci persuade molto di più, invece, l’idea che Avs abbia scimmiottato il Pd, badando più a tutelare i big che a riempire di forza viva territoriale le proprie liste.
L’offerta di Avs sarebbe stata di gran lunga più efficace se alcune sirene delle autonomie locali fossero state ascoltate e gratificate a dovere.
La poca convinzione nella scelta del candidato
Ma quello che, probabilmente, ha penalizzato più di tanti altri fattori l’immagine del partito è stata la poca convinzione mostrata nel pieno delle trattative per la scelta del candidato presidente. Chiariamo il concetto: nessuno si sognerebbe di dire che la dirigenza dell’alleanza non abbia fatto il nome del migliore uomo di cui disponesse, Flavio Stasi.
Sono tuttavia mancate determinazione e caparbietà nel perseguimento dell’obiettivo-candidatura, che non solo avrebbe dato smalto ad Avs, ma avrebbe reso più aperta una partita nei fatti mai iniziata.
L’occasione mancata di Avs
Avs poteva e doveva osare di più; doveva, in particolare, rivendicare con forza il diritto ad esprimere un proprio player a guida di un campo largo dove Pd e M5s si dividono tutti gli aspiranti governatori. Il partito, in definitiva, a nostro parere, ha pagato a caro prezzo una certa ambiguità frammista ad una miopia verso alcuni sindaci che, se chiamati a concorrere, avrebbero dato tanto. La sinistra, in Calabria, può avere ragione di esistere — e di crescere — se fa la sinistra-sinistra, non se scimmiotta la moderazione di altri.
Una battaglia di valori mancata
Quando ci è capitato di chiedere a qualche suo dirigente come mai Avs non avesse spinto duramente per ottenere una sacrosanta candidatura a presidente, ci è stato risposto che non era il caso di farne una questione di principio. Invece sì, bisognava farne una battaglia di valori, uno in particolare: il valore del riconoscimento della dignità all’interno di una coalizione plurale. Si è preferito, al contrario, condurre le trattative con animus mollaccione e democristiano. Due caratteristiche che i giovani di sinistra non perdonano, come han dimostrato le urne.