23 Ottobre 2025
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Dai radicali al deserto: 5 referendum e poca informazione, la democrazia diretta muore nell’indifferenza

L’8 e 9 giugno si vota su lavoro e cittadinanza, ma nessuno ne parla: regna il silenzio. Cinque quesiti, zero passione civile: confusione, disinteresse e partiti che spingono all’astensione. Un tempo c'era Pannella, oggi è il vuoto

Sono quasi arrivati i giorni dei cinque referendum del 2025. Si andrà a votare domenica 8 e lunedì 9 giugno prossimi. Si tratta di referendum in questo caso previsti dalla Carta Costituzionale all’art. 75. Non è male forse sintetizzarlo: trattasi di cinque referendum popolari per deliberare la abrogazione, totale o parziale, delle relative leggi.

Il referendum, con tale finalità, deve essere richiesto da almeno cinquecentomila elettori o da cinque consigli regionali; possono partecipare e votare tutti i cittadini chiamati ad eleggere la Camera dei Deputati, e quindi a partire dai diciottenni. La proposta soggetta a referendum è approvata se partecipa alla votazione la maggioranza degli aventi diritto e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.

Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. Ogni esclusione dalla possibilità di proposizione del referendum ha dunque una ratio ben chiara e abbastanza facilmente comprensibile.

Una forma alta di partecipazione

Insomma l’istituto referendario è un importante strumento, anche di rilevanza costituzionale, di partecipazione e determinazione legislativa attraverso il diretto protagonismo dei cittadini elettori; e ciò non solo nella fase della partecipazione popolare vera e propria nei giorni di indizione ma anche nella fase di impulso, riservata certo anche ad almeno cinque consigli regionali ma soprattutto agli stessi cittadini elettori in numero così cospicuo, almeno mezzo milione.

Un istituto che in Italia ha rappresentato lo strumento per importantissime conquiste e novità civili e sociali e la base strumentale attraverso cui alcune forze politiche hanno svolto la loro missione e concretizzato la loro visione del mondo, della politica, dell’uomo. E qui non può non giganteggiare la figura di uomini e donne come Marco Pannella, Adele Faccio ed Emma Bonino e il Partito Radicale.

Referendum storici e generazioni civili

Chi appartiene a certe generazioni, come la mia, ed ha avuto quindi la possibilità di essere presente, magari senza poter partecipare per l’età, a battaglie referendarie di grande civiltà e impatto come il “divorzio” e l’“aborto”, ha maturato parole e pensieri, pensieri e azioni direi esaltanti quasi, sicuramente appaganti circa ruolo, funzione, valore del referendum e della partecipazione diretta a processi legislativi e civili densi e rilevanti.

Il declino dell’istituto

È deludente pertanto, e v soprattutto in costoro, la scia che ormai da decenni ha assunto l’istituto. Quasi tutti i referendum proposti negli ultimi anni non hanno prodotto alcun effetto perché mai è stato conseguito neanche l’obiettivo del cosiddetto quorum, del raggiungimento della partecipazione al voto della maggioranza degli aventi diritto.

È incredibile come uno strumento di partecipazione diretta dei cittadini venga così snobbato dai cittadini stessi. E il progressivo ridursi generalizzato della partecipazione popolare al voto, anche in competizioni elettorali che dovrebbero appassionare quali quelle per eleggere il proprio sindaco e gli amministratori del comune in cui si vive, è solo una delle ragioni. Sicuramente importante ma non unica.

Troppe domande, poca chiarezza

Non ne mancano altre di ragioni: quesiti referendari su materie di nicchia, senza rilevanza diffusa, il numero stesso di contemporanei quesiti cui rispondere, il mettere dentro nella stessa tornata tutto e il contrario di tutto.

L’8 e 9 giugno prossimi saremo chiamati ad esprimerci su ben cinque referendum dai contenuti completamente diversi, su leggi interessanti il lavoro e la cittadinanza. In un clima di scarsa informazione e ancor più debole motivazione. In cui la confusione anche delle posizioni espresse non solo dai partiti ma anche da sindacati, associazioni, movimenti, concorre a disorientare e a far preferire e rendere più comodo il non esserci, il non esprimersi.

Due auspici per evitare il disastro

Il risultato è forse già scritto. Gli unici due auspici sono: che soprattutto i partiti e i movimenti che invitano palesemente a disertare le urne non scambino l’eventuale mancato raggiungimento del quorum per una loro vittoria. E che l’ennesima esperienza mancata di risultato circa i partecipanti spinga i proponenti futuri a ritornare al passato: un referendum per volta e su tema in cui la passione civile, le convinzioni sociali, lo stimolo partecipativo, la rilevanza delle prospettive derivanti siano componenti forti e attive, sicuramente prevalenti rispetto all’assenteismo e alla non partecipazione. Insomma in questo ambito forse è proprio vero che il futuro dipende dal ritorno al passato.

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