C’è un male oscuro che da decenni accompagna la Calabria e che nessun piano di rilancio, nessun fondo europeo, nessuna stagione di riforme è riuscito a curare. Non è questione di risorse, perché i finanziamenti non sono mai mancati. Non è nemmeno questione di idee, perché di progetti la regione ne ha accumulati a decine, spesso ambiziosi. È piuttosto un problema antropologico: manca il soggetto, la capacità – e forse la volontà – di tradurre i progetti in realtà, di distinguere ciò che serve da ciò che è puro esercizio di burocrazia o propaganda.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: strutture inutilizzate, opere incompiute, università soffocate dalle lobby, pronto soccorso mai realizzati, collegamenti minimi lasciati a metà. Un’autentica geografia del fallimento, che trasforma ogni occasione di crescita in un’occasione mancata. È qui che la Calabria si gioca il suo futuro: non tanto nelle carte o nelle promesse, ma nella capacità di ribaltare un destino che sembra scritto da troppo tempo.
Progetti infiniti, risultati zero
Il vero problema della Calabria non è la mancanza di idee, ma l’incapacità cronica di portarle a compimento. Troppi fondi dispersi, troppi bandi su misura che premiano pochi e penalizzano tutti. Un sistema che alimenta strade impercorribili, strutture mai utilizzate e aeroporti senza alta velocità.
Catanzaro e Lamezia, simboli di decadenza
Il declino di Catanzaro è la fotografia di un capoluogo che non ha mai saputo immaginare una mobilità moderna, né tantomeno sostenibile.
E poi c’è Lamezia Terme, con un’opera simbolo: il collegamento di appena un chilometro tra aeroporto e stazione ferroviaria. Un’opera quasi pronta, bloccata da anni per cavilli che rasentano il ridicolo.
Sanità: l’incompiuta più drammatica
Il pronto soccorso del Policlinico universitario di Catanzaro resta una delle più gravi incompiute. Un ospedale pensato come eccellenza del Sud, ma senza la struttura che dovrebbe rappresentarne il cuore. Un’assenza che non è solo un paradosso amministrativo: è una ferita viva che incide sulla salute e sulla dignità delle persone.
Università e ricerca, talenti sprecati
La Magna Graecia di Catanzaro, nata per essere un faro, è rimasta ostaggio di baronie e lobby mediche. Eppure esempi di eccellenza non mancano: come la mappatura del rischio alluvioni a 5 metri di risoluzione realizzata dal professor Macchione e dall’Università della Calabria. Un progetto che altrove sarebbe stato celebrato come modello, qui è rimasto confinato nel silenzio.
Il ponte sullo Stretto: opportunità o ennesima incompiuta?
Il ponte sullo Stretto di Messina viene raccontato come un’opera salvifica. Ma un ponte senza alta velocità e senza un sistema logistico integrato rischia di essere solo un simbolo vuoto, un’altra incompiuta a scala monumentale. La Calabria non può permettersi di replicare l’errore storico: costruire senza progettare davvero.
La responsabilità di chi governa
La colpa non è dei cittadini, che subiscono le conseguenze di ogni fallimento. È di chi governa, di chi amministra, di chi occupa posti di responsabilità senza merito e senza visione. A queste persone bisogna chiedere conto, e a loro non va più affidato il futuro della regione.
Calabria, l’ora della scelta
La Calabria deve salvarsi da sola. Non ci saranno commissari o pacchetti di fondi capaci di sostituire la volontà collettiva di cambiare. Continuare così significa vivere di spiccioli di economia e occasioni mancate. Il bivio è chiaro: o scegliere la strada della responsabilità e del merito, valorizzando le energie locali, o continuare a precipitare. La Calabria non può più permettersi di rimandare.
Non illudiamoci, però, che la Calabria possa salvarsi con la logica di “Cetto La Qualunque”, fatta di promesse e clientele, né con quella di Checco Zalone, che sogna il posto fisso come soluzione eterna. E, peggio ancora, non con l’assistenzialismo a vita, che ci ha già condannati all’immobilismo. La vera sfida è scrollarsi di dosso questa cultura e imparare a camminare da soli. Solo allora la Calabria potrà davvero avere un futuro. Scrisse Guido Dorso nel drammatico 1945: “Se il Mezzogiorno non distruggerà le cause della sua inferiorità da se stesso, tutto sarà inutile”.