24 Ottobre 2025
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Il “tempo largo” del centrosinistra calabrese: quando l’oblio è una tattica di sopravvivenza al disastro politico

In Calabria la disfatta elettorale diventa una strategia: allungare i tempi, dimenticare il disastro e restare aggrappati alle poltrone. Ma i sindaci “ribelli” vogliono fermare la prescrizione politica

In Calabria ormai la chiamano “Tempo largo”, la coalizione di centrosinistra uscita maciullata dalle ultime elezioni regionali. E questo perché i leader progressisti puntano ad allungare i tempi, nella speranza che il trascorrere dei giorni e delle settimane dalla terza panacca consecutiva rimediata in soli 4 anni e 9 mesi, sbiadisca il malcontento e abbassi il testosterone di quanti (pochi) auspicano legittimamente le dimissioni dei generali che hanno messo la firma sulla Caporetto del 5 e 6 ottobre. La strategia delle segreterie punta, dunque, alla realizzazione del diritto all’oblio. Un’altra volta.

L’oblio come tattica di sopravvivenza

La ragione è presto detta. Tra meno di due anni si andrà al voto parlamentare e i leader ambiscono a mantenere il controllo dei rispettivi partiti per poter determinarne le griglie di partenza (le liste), ma soprattutto le posizioni all’interno delle stesse, a partire verosimilmente dalle proprie.

Una strategia furba e, forse, anche realizzabile. Tenuto conto delle poche, lodevoli eccezioni, nessuno infatti sta chiedendo pubblicamente a Irto, Orrico e agli altri il doveroso passo indietro che ci si attenderebbe, salvo parlarne male alle spalle. Ne deriva l’alto rischio che a gestire l’auspicata ricostruzione del centrosinistra potrebbero essere coloro che hanno contribuito a fracassarlo più volte. Un paradosso tutto calabrese, che muove da sentimenti deteriori quali la paura di drizzare la schiena (diffusa nella direzione del Pd soprattutto) e l’ipocrisia.

I sindaci contro il “Tempo largo”

Ma qualcosa potrebbe andare storto sulla strada che conduce al salvifico oblio, alla dimenticanza dell’umiliazione per il tramite del tempo, il “Tempo largo”, appunto. Giuseppe Falcomatà, Mimmo Lo Polito, Pino Capalbo, tanto per dirne alcuni, e quel Flavio Stasi che qualche statista alla soppressata vorrebbe trasformare in capro espiatorio, si stanno organizzando per interrompere la prescrizione. Per fermare il tempo largo che, nelle intenzioni dei leader deboli, tutto deve cancellare.

Due Pd, due coalizioni

Le nomenclature inoltre fanno il gioco dei capi, che vogliono togliersela con qualche riunioncella di direzione, (a proposito, il Pd quando la convoca?), condita da analisi all’acqua di rose (“Abbiamo perso, ma il partito ha retto”).

I sindaci più autorevoli del centrosinistra, invece, perseguono ben altro obiettivo. A conferma che cominciano ad esserci due Pd e due coalizioni progressiste: quello degli inchiodati agli organi di segreteria e quello di base, non intenzionato stavolta a regalare l’ennesima assoluzione a chi, semplicemente, ha guidato male la squadra.

Il gesto di dignità che ancora manca

Anche per questo i congressi straordinari sarebbero un atto di dignità. Non solo: essi aumenterebbero le quotazioni dei segretari (e coordinatori) che li promuovessero. Ma bisogna prima dimettersi. Senza dimissioni dei segretari, sarà impossibile ridare credibilità a PD, M5s e Avs. Poi magari questi ultimi possono essere rimessi in sella con un voto democratico. Ma il gesto di dignità è atteso in Calabria. E anche a Roma.

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