13 Settembre 2025
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Calabria

Le promesse di Tridico, i cacicchi del Pd, la guerra in Forza Italia a Vibo e i titani a Reggio: la campagna elettorale tra veleni e contraddizioni

L’incandidabilità di Lucano, le falle nel piano di Tridico, cacicchi mai davvero accantonati e partiti lacerati da faide interne. La corsa alle regionali si trasforma in una resa dei conti che va oltre il voto

Irrompe nel dibattito politico l’esclusione di Mimmo Lucano dalle liste degli aspiranti consiglieri regionali. La sua incandidabilità era nota ed è stata decisa in applicazione della legge Severino, che la prevede per chi è stato condannato con sentenza definitiva alla pena della reclusione superiore a sei mesi (termine abbondantemente superato da Lucano, essendo stato condannato in via definitiva ad un anno e sei mesi per falso ideologico) per delitti commessi con abuso di poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione.

Puntualizzati gli aspetti sostanziali della vicenda ed in attesa dell’esito del ricorso preannunciato da Tridico, va osservato come sia ormai chiaro che Lucano, o meglio il modello Riace, rappresenti per il candidato progressista uno dei punti cardine, insieme al reddito di dignità, intorno ai quali ruotano tutte le altre misure che l’economista intende adottare per risolvere i problemi della regione.

Tridico e i limiti del “modello Riace”

Stando così le cose ed alla luce dei responsi dei tanti sondaggi che vedono Tridico nettamente distaccato dal suo antagonista, diventa indispensabile chiedersi quali possano essere i vulnus strategici alla base dei risultati delle indagini demoscopiche. Riteniamo che, ancor prima delle singole misure, abbiano avuto un peso rilevante le modalità attraverso le quali è avvenuta la discesa in campo di Tridico: venti giorni di corteggiamento che, rapportati ai tempi contingentati delle elezioni calabresi, rappresentano un’enormità e la dicono lunga sull’entusiasmo nutrito verso il compito assegnatogli.

Sul punto le pietose bugie di Conte – che enfatizzano il sacrificio del suo partito nel rinunciare alla presenza di Tridico in Europa e l’amore e la disponibilità dello stesso verso la propria terra – non solo non hanno sortito gli effetti sperati, ma sono apparse, alla luce dei fatti, risibili. Non da meno il famoso appello pro Tridico dell’intellighenzia progressista, che, al di là dei contenuti imbarazzanti, lo ha fatto apparire, contrariamente ai suoi meriti, come una persona bisognosa di garanzie e che vive di luce riflessa.

Promesse senza coperture

Messe insieme le due cose, Tridico è stato costretto fin dall’inizio ad affrontare un percorso in salita per far breccia nell’elettorato calabrese e va aggiunto che in questo tentativo non è stato certamente aiutato – contrariamente alle proprie aspettative – né dalla promessa di istituire un reddito di dignità, né da quella di approvare, in caso di vittoria, una legge regionale ispirata al modello Riace in fatto di accoglienza, che, a suo dire, avrebbe posto rimedio allo spopolamento dei territori interni.

È vero che in un secondo momento, per mitigare l’“inconsistenza attrattiva” di queste due misure presso l’elettorato, ha incominciato a parlare di politiche attive del lavoro da abbinare alle prime, ma è pur vero che, in tutto quel che propone e promette Tridico, manca l’elemento cardine, ovvero l’indicazione delle coperture finanziarie. Se a parlare fosse stato uno dei tanti politicanti che caratterizzano il panorama calabrese, l’incidenza sulla sua credibilità sarebbe stata minima, ma per un economista la situazione è molto diversa: da lui ci si aspetta che prima indichi le somme disponibili e poi dica come intenda utilizzarle.

Spopolamento e accoglienza: la ricetta che non convince

Tornando alle due misure simbolo del candidato progressista, atteso che sull’utilità e fattibilità finanziaria del reddito di dignità si sono già consumati fiumi d’inchiostro ed al contrario poco spazio è stato dedicato alla misura individuata per porre rimedio o quantomeno tamponare il fenomeno dello spopolamento, riteniamo opportuno approfondire tale ultimo aspetto. Bisogna partire da quanto sostenuto da Tridico in occasione dell’incontro con Mimmo Lucano avvenuto negli ultimi giorni dello scorso mese: “Uno dei modi per fermare lo spopolamento delle zone interne è fare accoglienza come avvenuto a Riace”.

Come logico corollario di questo perentorio assunto va dedotto che, per porre rimedio all’abbandono dei centri interni da parte di famiglie e soprattutto giovani per mancanza di lavoro, bisogna fare ricorso all’accoglienza; in sostanza, invece di creare posti di lavoro attraverso serie e finanziabili politiche d’investimento, per consentire alle persone di poter vivere nei propri paesi, ponendo rimedio al fenomeno dello spopolamento, basta sostituirli in egual numero con migranti ancor più sfortunati. A conclusione di questo lungo excursus, l’impressione che si ricava è che Tridico, più che alla poltrona di governatore, pensi a quella molto più comoda sulla quale è abituato a sedere a Strasburgo.

Liste, cacicchi e promesse tradite

Per quanto concerne tutto il resto, in questi giorni le prime pagine dei giornali sono state dedicate al deposito delle liste degli aspiranti consiglieri regionali ed in relazione a tale argomento riteniamo utile evidenziare alcuni aspetti.

Cominciando dalla circoscrizione nord, coincidente con la provincia di Cosenza, va osservato come rispetto al famoso ringiovanimento delle liste ed all’accantonamento dei cacicchi promesse ripetutamente dalla segretaria nazionale del Partito Democratico Elly Schlein, si sia visto l’esatto contrario, a meno che non si consideri centrato l’obiettivo con l’esclusione del capogruppo uscente in consiglio regionale, Mimmo Bevacqua, e l’inserimento in lista della giovane settantenne Enza Bruno Bossio, più volte deputata e soprattutto consorte del re dei cacicchi calabresi, quel Nicola Adamo attualmente impegnato a svolgere il ruolo di sindaco ombra della città bruzia. Questo stato di cose non deve sorprendere, poiché rientra perfettamente nelle corde di un partito guidato da chi si è fin qui dimostrato incapace di porre in essere ciò che afferma.

D’altro canto, che non si tratti di un unicum calabrese, ma di una nota caratterizzante di portata molto più ampia, lo si ricava da quello che è avvenuto in Campania dove, nonostante i ripetuti ceffoni ed i continui sberleffi ricevuti dal governatore Vincenzo De Luca, la Schlein, partita con l’intento di accantonarlo, ha finito col consegnare il partito al di lui figlio. Una mancanza di tempra e capacità che non rileviamo solamente noi ma, con molta più autorevolezza, esponenti storici del PD, come certamente sono Rosy Bindi e Romano Prodi.

La prima imputa alla segretaria di non essere stata capace di mantenere la “schiena dritta” di fronte alle imposizioni di De Luca, mentre il secondo, in un contesto di analisi più ampio – attinente alla gestione complessiva del partito ed ai risultati delle forze d’opposizione, di cui il PD dovrebbe essere l’epicentro – parla di un “venticello fastidioso ma innocuo” che non impensierisce il governo Meloni.

Forza Italia in affanno a Vibo

Quanto alla circoscrizione centrale, comprendente le province di Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia, il dato più interessante attiene alla circostanza che il capogruppo regionale di Forza Italia Michele Comito non compare tra i candidati di quella lista, avendo preferito farsi ospitare in quella del presidente, nell’evidente convinzione che tale collocazione possa rendere meno rischiosa la propria riconferma.

Un chiaro segnale di debolezza, che ben fotografa la situazione in cui versa il partito nella provincia vibonese, dove da forza dominante si ritrova oggi nella condizione di non essere in grado di garantire tranquillità neppure al capogruppo regionale. Sulle cause di una tale parabola discendente è inutile soffermarsi, sia perché tutti le conoscono (la lotta intestina tra Mangialavori da un lato e Comito/Daffinà dall’altro) sia perché in questa sede altre sono le cose che interessano. Ci riferiamo in modo specifico al fatto che, almeno a parole, Comito dovrebbe avere incassato il sostegno di Mangialavori, sulla cui incidenza effettiva nutriamo però più di un dubbio.

Intanto va detto che il parlamentare non ha la stessa forza elettorale di quattro anni fa, poi bisogna prendere atto della circostanza che lo stesso si è ben guardato dall’indicare, nonostante ripetute sollecitazioni, un candidato di sua diretta espressione, il cui risultato elettorale potesse rappresentare la cartina di tornasole del suo effettivo impegno, preferendo nascondersi dietro i voti che comunque Comito prenderebbe di suo.

Mentre in occasione del precedente rinnovo del consiglio regionale il parlamentare aveva creato le condizioni ottimali per l’affermazione di Comito attraverso un ticket elettorale con Valeria Fedele, oggi la strada seguita è diversa ed è una strada, per intenderci, senza guardrail, con tutti i connessi pericoli di poter uscire facilmente fuori dal tracciato di una carreggiata priva di alcun sistema di sicurezza (leggi direzione effettiva dei voti).

Reggio, la guerra dei tre titani

Una situazione tutta particolare si è creata nella circoscrizione sud, che ingloba l’intera provincia reggina, dove ad appassionare maggiormente i cittadini non è la competizione elettorale, ma l’esito dello scontro a distanza tra il sindaco PD del capoluogo di provincia, Giuseppe Falcomatà, il responsabile regionale di Forza Italia, l’On. Francesco Cannizzaro, e l’ex governatore Giuseppe Scopelliti, che tenta di ritornare in gioco attraverso il sostegno a Francesco Sarica, candidato con la Lega di Salvini.

I tre titani reggini stanno combattendo nella città metropolitana una guerra nella guerra che, sullo sfondo, ha il rinnovo del consiglio regionale, ma come principale casus belli la conquista della leadership politica in città e provincia. Ci sarebbe tanto da dire anche in ordine ai diversi cambi di casacca ed alle macroscopiche contraddizioni di alcune candidature rispetto al programma degli aspiranti governatori, ma ci rendiamo conto di essere stati molto lunghi e tale circostanza ci consiglia di rinviare ad un prossimo intervento la trattazione in materia.

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