23 Ottobre 2025
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Promesse milionarie, candidati riciclati e simboli usa-e-getta: la campagna elettorale in Calabria è un reality

Occhiuto racconta miracoli, Tridico promette l’Eden. Ma nelle liste è caos: grillini diventati meloniani, forzisti passati alla Lega e la paladina della sanità privata candidata con chi giura di difendere il pubblico

Tra risultati conseguiti ed impegni sulle cose da realizzare si sta consumando il confronto a distanza tra i due principali aspiranti governatori, un refrain tedioso dal quale né OcchiutoTridico intendono distaccarsi. Se da un lato il presidente uscente sostiene di aver realizzato tanto, al punto da spingersi a sostenere di aver fatto negli ultimi quattro anni più di quanto i suoi predecessori nei quaranta precedenti, il candidato progressista con le sue promesse va ancora oltre, e se solo riuscisse a concretizzare un quarto di quel che promette, la Calabria si trasformerebbe improvvisamente nel mitico giardino dell’Eden.

Se le cose stessero nei termini prospettati da Occhiuto, bisognerebbe considerare farlocche tutte le classifiche nazionali che assegnano alla Calabria sempre gli ultimi posti in relazione alla qualità della vita, sulla scorta dei servizi erogati, della viabilità, dell’occupazione, della sanità e quant’altro.

Ancor meno credibile appare quando, come misura anti spopolamento – facendo a gara col proprio antagonista a chi la spara più grossa – promette che darà centomila euro a coloro i quali acquisteranno e/o ristruttureranno una casa nei borghi interni ed ivi trasferiranno la residenza.

Il programma di Tridico e i pilastri infiniti

Un discorso più articolato va fatto in relazione a Tridico, il quale, dopo aver iniziato indicando come pilastri fondamentali del suo futuro agire da governatore il reddito di dignità e l’accoglienza dei migranti, giorno dopo giorno, in maniera esponenziale, aggiunge nuovi “pilastri” al suo programma tanto da farlo apparire, più che come un edificio ancorato su solide basi, una specie di millepiedi sbilenco poiché, come quel famoso ingegnere che nei suoi calcoli non si cura della consistenza del cemento armato, l’economista grillino non si preoccupa delle coperture finanziarie.

Candidature e cambi di casacca

Chiuso questo capitolo, bisogna affrontare la tematica attinente la composizione delle liste con riferimento a profili diversi rispetto a quelli concernenti il potenziale elettorale dei candidati, in ordine al quale l’unico giudizio valido sarà quello espresso dagli elettori. Ci riferiamo in modo specifico ai cosiddetti cambi di casacca, alle macroscopiche contraddizioni che rappresentano alcuni nominativi rispetto al programma degli aspiranti governatori ed a quelle candidature aventi valore prevalentemente simbolico.

Tra le abiure più clamorose, in relazione ai precedenti ruoli istituzionali ricoperti, bisogna senz’altro annoverare quelle dell’ex parlamentare e sottosegretaria pentastellata Dalila Nesci e dell’ex sindaco di Forza Italia della città capoluogo della provincia vibonese Maria Limardo, entrambe candidate nella circoscrizione centrale.

Dalila Nesci e la parabola in FdI

La Nesci, eletta in parlamento per la prima volta nel 2013 e riconfermata nella tornata elettorale successiva, ha concluso la sua esperienza grillina senza lasciare segni particolari. La sua candidatura con Fratelli d’Italia rappresenta il segno tangibile sia della sua incapacità di crearsi uno spazio all’interno del proprio partito sia della debolezza di FdI nel vibonese, dove il responsabile provinciale Pasquale La Gamba, dopo non essere stato in grado di completare la lista in occasione delle ultime comunali a Vibo (nonostante la candidatura di consiglieri uscenti provenienti da Forza Italia), conferma la propria inconsistenza anche in occasione delle regionali, ricorrendo, in mancanza d’alternative, all’ex grillina che sta a FdI come il diavolo all’acqua santa.

Maria Limardo e il terremoto nella Lega

Un clamore diverso e conseguenze più dirompenti vanno ascritte alla candidatura della Limardo con la Lega, poiché, fino a pochi giorni prima, faceva opposizione al nuovo esecutivo di Vibo in qualità di ex sindaco forzista e, addirittura, si vociferava di una sua possibile discesa in campo a sostegno di Occhiuto nella lista di FI.

Al “clamore” del repentino cambio di scuderia, però, non può essere associata la sorpresa delle “dirompenti conseguenze” all’interno della Lega vibonese. Chiunque conosca la storia politica della Limardo, infatti, sa che in qualunque partito ella abbia militato e qualsiasi ruolo abbia ricoperto ha lasciato dietro di sé solo macerie.

Così è avvenuto quando militava in Alleanza Nazionale, dove, da presidente provinciale, è stata accusata – tra i tanti anche dal senatore Bevilacqua – di aver portato il partito ai suoi minimi storici. Analogo risultato, in tempi più recenti, è stato prodotto dalla sua militanza in Forza Italia. A tal proposito è illuminante la circostanza che il partito, nel periodo in cui la Limardo svolgeva le funzioni di sindaco, annoverasse tra le proprie fila ben sedici consiglieri, mentre oggi, dopo i risultati amministrativi conseguiti e le note turbolenze collegate alla sua insistenza per farsi ricandidare, si ritrova rappresentato da soli tre consiglieri.

In ultimo il recentissimo ingresso nella Lega che, come effetto immediato, ha avuto la dissoluzione del partito a Vibo in seguito all’abbandono in toto della vecchia classe dirigente. Solo le urne ci diranno se Fratelli d’Italia e Lega hanno fatto un affare imbarcando le due transfughe.

Le contraddizioni di Tridico sulla sanità

Quanto alle candidature che rappresentano un vero pugno nell’occhio rispetto ai programmi dei candidati a Governatore, bisogna chiedersi come faccia Tridico a ritenere di poter essere credibile quando si impegna a ridare centralità alla sanità pubblica – sacrificata, a suo dire, da Occhiuto per favorire quella privata – se al contempo accetta, nella circoscrizione nord, la candidatura, a proprio sostegno, della regina della sanità privata. Ci riferiamo a Filomena Greco, la cui famiglia a Cosenza e provincia è proprietaria di cinque cliniche, e dunque, secondo la narrazione del candidato progressista, beneficiaria di quei privilegi concessi dal presidente uscente contro i quali intende combattere.

Le candidature simboliche: Lucano e Di Cesare

Infine occorre parlare delle candidature simbolo di Mimmo Lucano e Donatella Di Cesare con Alleanza Verdi e Sinistra a sostegno di Tridico nelle circoscrizioni nord e sud. Premesso che Lucano, in attesa di un’eventuale pronuncia contraria del Consiglio di Stato, al momento è stato estromesso dalle liste, in applicazione della legge Severino, dai due uffici elettorali circoscrizionali – provvedimento poi confermato dal TAR di Catanzaro, competente per la circoscrizione nord, e da quello di Reggio Calabria per la circoscrizione sud – il nocciolo della questione è se effettivamente alle due candidature possa essere attribuito un valore simbolico sulla scorta delle rispettive battaglie ideologiche oppure, furbescamente, se si sia tentato di sfruttare la loro effimera notorietà. Notorietà nascente da problematiche giudiziarie per il primo e da prese di posizioni oltranziste e surreali per la seconda – al fine di racimolare qualche voto.

La strategia di Fratoianni e Bonelli

Sul punto riteniamo che entrambe le candidature, a prescindere dall’apporto effettivo in favore di Tridico, rappresentino il paradigma perfetto della strategia posta in essere a livello nazionale da Fratoianni e Bonelli, consistente nel candidare personaggi controversi assurti agli onori della cronaca per le circostanze più disparate, sfruttandone la momentanea fama per mantenere in vita il partito. Così è stato per Aboubakar Soumahoro, Ilaria Salis e Mimmo Lucano, così è oggi per Donatella Di Cesare, e così sarà in futuro per Francesca Albanese.

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