Il 25 aprile 1975, era venerdì, Giulio Andreotti, che era ministro del Bilancio e della programmazione economica (con incarico agli interventi straordinari nel Mezzogiorno alla Cassa per il Mezzogiorno) nel quarto governo Moro, pose la prima pietra a Gioia Tauro dove doveva sorgere il V Centro siderurgico.
Anche in quell’occasione il divino Giulio non mancò di fare ironia, dicendo poi ai cronisti: «i calabresi hanno ragione di diffidare perché spesso alla prima pietra non segue la seconda». Fu profetico.
Mancini, Signorile e De Martino: le divisioni politiche
Chi si era battuto per portare la siderurgia nella Piana di Gioia Tauro fu Giacomo Mancini, il quale, al di là delle parole, non ricevette sostegno dagli stessi socialisti. Perché? Perché Claudio Signorile pensava a Taranto e Francesco De Martino a Bagnoli. Mentre il repubblicano Ugo La Malfa, la cui parola pesava moltissimo negli ambienti confindustriali del tempo, disse: «se proprio lo volete fare, fatelo in Sicilia».
Il transhipment e i progetti mai realizzati
Per fortuna il transhipment salvò il sito che prevedeva anche l’industrializzazione del retroporto e un rigassificatore per alimentare la piastra del freddo. Cose mai fatte. Questa è la storia in pillole.
Da tragedia a farsa: Urso a Gioia Tauro
Ora, siccome la storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa, ecco che il 4 agosto 2025, Adolfo Urso, ministro con delega alle politiche spaziali e aerospaziali del governo Meloni, accompagnato dal governatore Roberto Occhiuto, s’è recato nell’area portuale di Gioia Tauro per verificare la fattibilità del possibile insediamento siderurgico green nel comprensorio medesimo.
Il progetto del Polo Dri
In un’intervista al “Secolo XIX” di Genova – ripresa da Calabria 7 – il ministro Urso ha riferito, coinvolgendo, in primis, i destini dell’ex Ilva di Taranto, che «le manifestazioni di interesse per l’acquisizione degli impianti dovranno essere presentate entro il 15 settembre – siamo là – per poi poter chiudere la gara entro novembre, per avviare un nuovo piano industriale all’insegna della decarbonizzazione e della sostenibilità ambientale». Elezioni regionali, permettendo.
Insomma, ci sarebbe la disponibilità dell’attuale amministrazione regionale, di ospitare un cosiddetto “Polo Dri” (Direct Reduced Iron è un modo alternativo di produrre ferro; esso è stato sviluppato per superare le difficoltà degli altiforni convenzionali. La produzione di Dri, usando la tecnologia del gas naturale o del carbone, è utilizzata con successo in varie parti del mondo). Chissà cosa avrebbe detto Giulio Andreotti. La strada per l’inferno è sempre lastricata di buone intenzioni.