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19 Dicembre 2025
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Nuova mappa dei Comuni montani, Calabria tra le più esposte al caos normativo

Secondo Uncem, la moltiplicazione delle classificazioni prevista dalla legge montagna può creare problemi operativi, colpendo soprattutto le aree interne e montane del Sud

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La Conferenza Unificata, nella seduta del 18 dicembre, non esaminerà il primo provvedimento attuativo della legge Montagna 131/2025, relativo ai parametri per la riclassificazione dei Comuni montani. Le Regioni – in particolare quelle dell’Appennino, tra cui la Calabria, e alcune aree alpine – hanno chiesto un supplemento di analisi per evitare effetti distorsivi e paradossali.

Tra i casi emblematici citati emerge quello di Reggio Calabria, che rischierebbe di rientrare tra i Comuni parzialmente montani mentre altri territori storicamente montani potrebbero essere esclusi, generando confusione amministrativa e tensioni istituzionali.

Calabria osservata speciale: montagna diffusa e fragile

In Calabria, oltre il 40% dei Comuni presenta caratteristiche montane o collinari con forti criticità legate a spopolamento, dissesto idrogeologico, carenza di servizi e fragilità economica. Applicare parametri altimetrici e di pendenza uguali su scala nazionale, senza considerare fattori socioeconomici e infrastrutturali, rischia di svuotare di senso il concetto stesso di montagna nel Mezzogiorno.

Uncem ribadisce che equiparare Alpi e Appennini, Nord e Sud, è un errore strutturale che penalizza regioni come la Calabria, dove la montagna non è marginale ma ossatura territoriale.

Tre classificazioni diverse: rischio caos normativo

Dalla lettura dell’articolo 2 della legge 131/2025 emerge la presenza di una stratificazione di livelli di classificazione che rischia di complicare ulteriormente il quadro normativo.

Accanto a una classificazione generale dei Comuni montani, la legge introduce infatti una ulteriore selezione finalizzata all’accesso alle misure di sviluppo e valorizzazione, mentre restano in vigore le classificazioni attuali per ambiti fondamentali come PAC e IMU agricola. Un impianto articolato che, secondo Uncem, può tradursi in incertezza operativa e applicativa, soprattutto in territori complessi come quelli calabresi, dove molti Comuni già operano in una condizione amministrativa fragile e con risorse limitate.

Lavoro e imprese: nodo cruciale per i Comuni calabresi

Particolare attenzione viene posta al tema delle agevolazioni occupazionali previste dalla legge 97/1994, che consente alle imprese dei Comuni montani di assumere coltivatori diretti residenti senza oneri previdenziali.

Uncem avverte: modificare la classificazione senza salvaguardare questo impianto normativo significherebbe creare gravi danni a lavoratori e aziende, soprattutto in Calabria, dove l’economia agricola e stagionale rappresenta una leva di sopravvivenza per molti territori interni.

Regioni centrali nella programmazione: leva per la Calabria

L’articolo 4 della legge Montagna, istitutivo del Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane, attribuisce alle Regioni un ruolo decisivo nella programmazione e assegnazione delle risorse.

Un elemento che, per la Calabria, rappresenta una opportunità strategica, consentendo di indirizzare fondi anche oltre le classificazioni rigide, valorizzando Comunità montane, Unioni di Comuni e territori interni già riconosciuti a livello regionale.

Uncem: “No a nuove classificazioni, sì a politiche mirate”

Da oltre vent’anni Uncem sostiene che il Paese non ha bisogno di nuove classificazioni, ma di politiche differenziate e inclusive. Inserire o escludere Comuni come Reggio Calabria, Varazze, Cuneo o Biella sulla base di criteri uniformi viene definito assurdo e controproducente.

Uncem denuncia inoltre la mancata consultazione nella stesura del decreto e rilancia la necessità di dialogo istituzionale, chiedendo anche alle forze politiche regionali calabresi di lavorare in modo unitario per tutelare i territori montani.

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