13 Agosto 2025
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Servizio pubblico o amichettocrazia? Il caso Barzan esplode in Rai. Bevilacqua (M5S): “Allarmante promuoverlo a esperto fisso”

Tagli ai programmi d’inchiesta, silenzi imbarazzanti sui compensi e opinionisti senza titoli: la Tv di Stato travolta dalle sue contraddizioni. Il caso del criminalista calabrese Barzan diventa politico dopo l’interrogazione della deputata M5S

Figura tanto nota quanto discussa, il criminalista calabrese Davide Barzan è da tempo finito sotto i riflettori nazionali per le sue numerose apparizioni televisive sul caso dell’omicidio di Pierina Paganelli. Un’inchiesta de Le Iene ha svelato materiale inedito sul suo conto: testimonianze, denunce e documenti che hanno fatto clamore. Tra le posizioni più significative contro Barzan vi è quella del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Rimini, che ne ha duramente criticato l’operato e la visibilità mediatica. L’ordine già da tempo aveva espresso preoccupazione per la sovraesposizione pubblica del criminalista e per alcune dichiarazioni che potrebbero aver avuto un impatto improprio sull’opinione pubblica.

Sul fronte politico, l’iniziativa più forte è giunta dalla parlamentare del Movimento 5 Stelle, Dolores Bevilacqua, che ha presentato un’interrogazione volta a chiedere chiarezza sulla presenza di Davide Barzan nella trasmissione di Raiuno “Storie Italiane” condotta da Eleonora Daniele. Come mai non è stata fatta una verifica sui titoli di Barzan? Come si scelgono gli opinionisti? Quali sono i criteri? Esistono le competenze per commentare vicende giudiziarie così complesse e delicate?

In data 16 giugno la Rai ha risposto: “Con riferimento all’interrogazione in oggetto, sulla base delle informazioni ricevute dalle competenti strutture aziendali, si forniscono i seguenti elementi. Il Sig. Davide Barzan ha partecipato al programma ‘Storie Italiane’ in qualità di esperto della materia. Prima di iniziare la collaborazione, il Sig. Barzan ha fornito tra l’altro, come da procedura aziendale, il curriculum vitae, da cui si evince una laurea in giurisprudenza e un master di primo livello in criminalistica forense. Nello scorso mese di aprile Rai è venuta a conoscenza, attraverso gli organi di stampa nonché dall’interrogazione in oggetto, della vicenda riguardante il Sig. Barzan. Si è ritenuto, pertanto, opportuno avviare un approfondimento, congelando nelle more, ogni tipo di collaborazione e chiedendo un supplemento di documentazione a supporto delle dichiarazioni rese nell’ambito del curriculum. Ad oggi, a quanto risulta, il Sig. Barzan non ha ancora fornito alcun riscontro in merito. Per questo la Direzione Intrattenimento Day Time, in via prudenziale, non ha più invitato il collaboratore a partecipare nelle proprie trasmissioni.”

Il caso del noto criminalista è, se vogliamo, una spia di un disagio che attraversa il servizio pubblico, dove si annuncia il taglio di circa 25 milioni di euro per la prossima stagione – con conseguenti “sforbiciate” a programmi storici e di spessore come Il Caffè di Pino Strabioli, Tango di Luisella Costamagna, Generazione X di Monica Setta. Inoltre, Report di Sigfrido Ranucci perderebbe ben quattro puntate; riduzioni anche per Presa Diretta di Riccardo Iacona e per Far West di Salvo Sottile. Rischio chiusura, invece, per Agorà Weekend.

A questo punto appare opportuno evidenziare che non si tratta solo di una questione di preferenze editoriali, ma di una dinamica più profonda: quella di una Rai che sembra tutelare la rendita di posizione più che il valore dei contenuti. In altri termini, che fine fa la meritocrazia se a essere penalizzati sono format che indagano, approfondiscono e raccontano la realtà con strumenti giornalistici complessi, mentre si rafforza chi – come nel caso di Storie Italiane – si muove in un equilibrio pericolosamente labile tra informazione e intrattenimento. Su questo tema, sul caso Barzan e su quanto sta avvenendo in Rai abbiamo intervistato la parlamentare del Movimento Cinquestelle Dolores Bevilacqua.

– Secondo l’inchiesta in corso, Davide Barzan non è avvocato né risulta iscritto ad alcun albo, eppure per anni si è presentato come tale. Non è quantomeno allarmante che la Tv di Stato lo abbia promosso a “esperto fisso”?

È sicuramente allarmante e di certo non da servizio pubblico il fatto che un personaggio così discusso possa risultare non solo ospite fisso ma addirittura retribuito per le sue partecipazioni.

– La Rai, rispondendo alla sua interrogazione, ha confermato che Barzan è stato più volte ospite a Storie Italiane come esperto in materia. È azzardato supporre che sia stato anche retribuito e rimborsato? Nel caso, non sarebbe imbarazzante?

Al mio quesito posto in Commissione di vigilanza i vertici Rai non hanno risposto in merito all’eventuale rimborso. Per meglio dire non hanno negato che ci fosse stato un compenso, quindi anche la non risposta sembra essere un’ammissione implicita. Di certo hanno affermato di aver interrotto in maniera cautelativa la prosecuzione di ogni rapporto.

– Un simile caso non dovrebbe far scattare immediate sanzioni interne? O almeno una revisione dei criteri di selezione?

Beh, è esattamente quello che auspico. Di certo l’autocertificazione dei propri titoli sembra essere un criterio non sufficiente per garantire che il servizio pubblico possa incappare in certi errori.

– La ricorrenza di Barzan nel programma solleva dubbi sull’equilibrio editoriale di Storie Italiane e sulla leggerezza con cui vengono affidati ruoli di rilievo a figure discutibili. Non crede che, nel confine sottile tra show e informazione, questo format proceda con passo quanto meno incerto?

In verità serve avere chiarezza sui metodi e i criteri di individuazione di certe figure. Di certo qualcosa non ha funzionato, bisogna sicuramente individuare gli strumenti più opportuni per tenere al riparo da simili inciampi i programmi della Rai.

– In piena spending review, c’è il rischio di tagli su programmi come Report, Il Caffè, Tango, Generazione X—ma certe produzioni restano con due ore al giorno e un approfondimento in seconda serata. Non trova che tutto ciò sia poco meritocratico?

Denunciamo da mesi lo stallo in commissione di vigilanza. È diventato impossibile svolgere anche la più banale audizione che avrebbe consentito a noi commissari di evidenziare e discutere con i diretti responsabili e con i vertici della Rai su pratiche non esattamente attuative del contratto di servizio. Registriamo la debacle di ascolti, la perdita d’identità dei canali, uno su tutti Rai Tre, l’intervento a gamba tesa su programmi considerati scomodi dall’attuale maggioranza: possiamo senz’altro dire che attualmente nel servizio pubblico la meritocrazia abbia lasciato il posto all’amichettocrazia.

– Non vede il rischio concreto che si inneschino veri e propri processi mediatici, dove l’informazione abdica alla spettacolarizzazione?

Questa tematica attiene in primis alla deontologia professionale dei giornalisti. In particolare, poi, nel servizio pubblico sarebbe opportuno la massima cura nel maneggiare temi e argomenti così delicati e così di impatto sull’opinione pubblica. È chiaro che la Rai è chiamata a fare il possibile per essere all’altezza della sua mission.

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