L’ingresso nell’Onorata Società cirotana per Gaetano Aloe, oggi collaboratore di giustizia, era stato un destino segnato dalla nascita. Figlio di Nicodemo Aloe, detto Nick, aveva ereditato per diritto la “Seconda dote” e, per meriti, aveva raggiunto il grado di “Vangelo”, conquistato dopo il brutale omicidio di Vincenzo Pirillo, freddato la sera del 5 agosto 2007 a Ciro’ Marina all’interno di un ristorante da un commando di fuoco, che ferì anche sei persone, tra cui una bambina di undici anni. “Da primogenito di Nick sono battezzato dalla nascita. Mio padre era capo non solo di Cirò, si può dire della Calabria, quasi. Dopo la morte di Vincenzo Pirillo mi hanno fatto il battesimo. Ed è stata la sua collaborazione a portare all’arresto degli esponenti della cosca Farao Marincola, Franco Cosentino, Martino Cariati, Vito Castellano e Palmiro Salvatore Siena. Il mandante dell’omicidio, secondo le rivelazioni fatte alla Dda, è stato il capocrimine Cataldo Marincola, con Giuseppe Sestito e Vito Castellano a curare le comunicazioni e l’armamento del commando.
Il movente dell’omicidio
Secondo quanto riferito dallo stesso Aloe, Pirillo gli avrebbe rivelato le ragioni per cui suo padre era stato ucciso: una violazione delle regole della ‘ndrangheta. Nicodemo Aloe aveva intrattenuto una relazione extraconiugale, un affronto imperdonabile per l’Onorata Società. Nel corso dell’ interrogatorio davanti al pm della distrettuale antimafia di Catanzaro Domenico Guarascio, oggi Procuratore capo di Crotone, Aloe ha raccontato di aver saputo da Castellano e Sestito della decisione di Cataldo Marincola di eliminare Pirillo. L’ordine di uccidere l’uomo gli venne comunicato direttamente: “Mi ha detto: ‘Tu devi ammazzare Cenzo’”. Inizialmente, l’incarico era stato affidato a Giuseppe Spagnolo, cognato di Aloe, ( assolto per questo omicidio insieme a Giuseppe e Silvio Farao) ma questi si rifiutò di eseguire l’ordine. Fu allora che Sestito propose direttamente a Gaetano Aloe di compiere il delitto. Per eseguire il piano, Castellano fornì una pistola ad Aloe, che a sua volta coinvolse Franco Cosentino, detto “Sasizza”, individuato come complice nell’azione. Le tensioni interne alla cosca non mancarono. Giuseppe Spagnolo, contrario all’omicidio, ammonì Aloe, dicendogli di farsi gli affari propri, lasciando l’incarico ad altri. Ma la sete di vendetta per la morte del padre spinse il giovane killer ad accettare senza indugi. Il via libera arrivò da Cataldo Marincola, che considerava Pirillo ormai fuori controllo e pericoloso per la gestione della cosca, accentrando su di sé la gestione della locale, divenendo una figura scomoda per molti accoscati e irriguardosa proprio nei confronti di Marincola.
La sera dell’agguato
L’omicidio venne compiuto in un ristorante la sera del 5 agosto 2007, Siena raggiunse Aloe a casa, agitato, avvisandolo che Pirillo si trovava nel locale. Subito dopo arrivò Cosentino con un motorino, due caschi e passamontagna ricavati da calze femminili di colore rosa. Dopo un primo giro di ricognizione, Aloe e Cosentino parcheggiarono il motorino nei pressi di un bar e fecero ingresso nel ristorante dalla porta secondaria. Individuarono Pirillo mentre stava mangiando, si avvicinarono e aprirono il fuoco. “Ho sparato due o tre colpi in direzione di Pirillo”. Azione fulminea, esecuzione spietata. Ma qualcosa andò storto. Nella sparatoria rimasero ferite sei persone, tra cui una bambina di undici anni, raggiunta da un proiettile alla spalla, 4 avventori alle gambe e uno da schegge di vetro, con prognosi giudicate guaribili dai dieci ai trenta giorni. Dopo l’omicidio, Aloe incontrò Cataldo Marincola a Isola Capo Rizzuto, in un albergo. Il boss, prima di abbracciarlo, lo rimproverò duramente per aver coinvolto troppi innocenti nella sparatoria. Le armi usate nell’omicidio furono due pistole di calibro diverso, fornite da Sestito e Castellano. Dopo l’agguato, Aloe consegnò una delle armi a Cosentino.
Il pentimento
Gaetano Aloe ha avviato la sua collaborazione il 23 marzo 2023, per sua stessa ammissione, per una presa di coscienza, dovuta anche ad un percorso religioso circa la portata delle sue azioni e per la la delusione provocata ai figli. Aloe ha deciso di dissociarsi irrevocabilmente dal sodalizio ‘ndranghetista cirotano per il suo rifiuto, una volta uscito dal carcere, di uccidere Luca Frustillo.