Una nuova e sconcertante rivelazione emerge dall’indagine “Hocus pocus” della Squadra Mobile di Como. Durante il processo a sei dei venticinque indagati, un ispettore ha svelato i dettagli di una gestione criminale che usava il Reddito di cittadinanza non solo per l’acquisto di stupefacenti, ma anche per altre attivitร illecite. Al centro delle operazioni ci sarebbe stato Marco Bono, cinquantunenne originario di Rosarno, giร condannato a vent’anni per usura, spaccio, estorsione e detenzione di armi.
Il “Pos” della criminalitร
Secondo la testimonianza del poliziotto, il Pos di un distributore di benzina a Cislago (Varese), gestito da Bono, non serviva soltanto per rifornire le auto. I clienti usavano i tesserini del sussidio statale per pagare la loro dose di cocaina. La mente criminale di Bono, legato alle logiche della ‘Ndrangheta, non si limitava a questo: il dispositivo veniva utilizzato anche per rivendere contante, trattenendo una commissione del 10%, e per incassare gli interessi di prestiti a tassi usurai. Un sistema di riciclaggio e spaccio che ha sfruttato, in modo beffardo, i fondi destinati alle famiglie piรน bisognose.
Un intreccio di reati
L’indagine “Hocus Pocus”, coordinata dalla Dda di Milano, ha portato a galla un vasto giro d’affari illeciti, con diciannove dei venticinque indagati che hanno giร patteggiato o ricevuto una sentenza. La testimonianza in aula aggiunge un tassello cruciale per comprendere la gravitร e la perversitร di queste attivitร criminali, che hanno contaminato una misura di sostegno sociale, piegandola agli interessi della malavita.